Cinta muraria cinquecentesca

033_-_Despréz-Ghendt_Veduta_della_Piazza_Reale_di_Messina_1785.jpgDespréz-Ghendt, Veduta della Piazza Reale di Messina, 1785

Con la venuta di Carlo V a Messina veniva dato il via ai lavori per la costruzione di una nuova cinta muraria, iniziata nel giugno del 1537 su progetto dell’architetto e ingegnere militare Antonio Ferramolino o lo “Sferrandino” da Bergamo (che morirà appena 13 anni dopo, durante l’assedio di Màhadia, il 18 agosto 1550) con la collaborazione di Domenico Giuntalocchi da Prato, del matematico messinese Francesco Maurolico e dello scultore toscano Giovan Angelo Montorsoli. Le intenzioni erano quelle di rafforzare le difese della città e, quindi, squisitamente militari, ma, in effetti, la portata dell’operazione si rivelerà ben altra, trattandosi di un vero e proprio piano di assetto urbanistico, tramite il quale la città assumerà una sua particolare configurazione urbana, che   porterà avanti fino alla fine del sec. XVIII.

Dal punto di vista costruttivo, la cinta muraria rivelava in maniera evidente le profonde modificazioni che subì la morfologia architettonica castellana e delle fortificazioni in genere, agli inizi del Cinquecento. Gli elementi che portarono a tali cambiamenti furono essenzialmente la scoperta della polvere da sparo e l’introduzione delle artiglierie.

La parte più importante del nuovo sistema difensivo era, perciò, costituita dal bastione o baluardo che sostituiva le alte torri medievali e protendendosi verso l’esterno della cortina muraria, con la sua caratteristica forma a cuneo, pianta pentagonale con due facce sporgenti rettilinee, di poca altezza e terrapienato, divideva le forze nemiche d’assalto e deviava i proiettili dell’artiglieria pesante.

Il nuovo sistema usato a Messina nel Cinquecento, inventato in Italia dove ebbe le prime applicazioni, venne definito “bastionato italiano” e gli architetti che inizialmente ne fecero uso furono il Bramante, il Sangallo, Basilio della Scola, Michele Sanmicheli, Michelangelo e tanti altri. In complesso, si tratta di un’architettura estremamente sobria e quasi disadorna: unica concessione decorativa, a parte i casi episodici e comunque non eclatanti dei portali, è il cornicione continuo modanato a sezione semicircolare che costituisce il motivo comune dominante di tutte le strutture fortificate messinesi.


Il Liceo Scientifico Seguenza colloca una targa davanti il bastione Gentilmeni . "Sull'Onda di Lepanto" musica di Enzo Caruso 

Dal Palazzo Reale (l’attuale Dogana) fino al cosiddetto forte di San Giorgio al Molovecchio (nei pressi della Capitaneria di Porto), veniva conservata la cortina muraria merlata medievale mentre, le nuove mura, proseguivano costeggiando il mare fino al forte S. Giacomo o Real Basso (nell’attuale piazza Vittoria) e salivano lungo l’odierna via Fossata. A sud di piazza S. Vincenzo formavano un bastione denominato forte S. Vincenzo, tuttora esistente anche se degradato. Spingendosi ancora verso l’entroterra, il circuito murario s’interrompeva ad ovest della città formando un baluardo che inglobava il forte di S. Francesco o dell’Andria (nel sito in cui oggi sorge l’Osservatorio geodinamico) e continuando verso sud, dopo il bastione Santo Stefano a Boccetta non più esistente, formava il bastione di S. Andrea che circondava l’antico castello di Roccaguelfonia (oggi Sacrario di Cristo Re). Da qui le mura salivano verso Torre Vittoria dove erano ubicati i forti di Basicò e Santa Maria dell’Alto. Quindi scendevano a formare il bastione dei Gentilmeni o “Gente Armena” (ancora esistente sul largo Straticò). Da questo, partiva un tratto di muro rettilineo che lo collegava all’altro (tuttora integro, sito in via Rocca Portalegni angolo Tommaso Cannizzaro) denominato bastione Santa Barbara. Da qui la cinta saliva nuovamente (oltrepassando l’attuale viale Italia) e circondava la collina del Tirone. Dopo aver formato i forti dell’Alterone e del Segreto, scendeva, quindi, fino all’attuale via Spirito Santo, dove ancora esiste un “orecchione” (risvolto rientrato) e proseguiva verso il mare (lungo l’odierna via Tommaso Cannizzaro) formando in questo tratto i forti di S. Bartolomeo e Santa Chiara. Nel piano di Terranova (l’attuale zona di piazza Stazione), infine, la cinta muraria aveva termine con il forte di Don Blasco (oggi in condizioni di estremo degrado e completamente sommerso da immondizie) ed il forte di San Giorgio.