Palazzo Sturiale

 

Sorge in piazza Risorgimento (oggi popolarmente nota come piazza “Don Fano”)  e al numero civico 162 vi abitò, dal novembre 1898 alla fine del mese di giugno del 1902, il poeta Giovanni Pascoli.

Insieme alla sorella Mariù, il grande poeta romagnolo giunse a Messina nel gennaio del 1898, chiamato ad insegnare Letteratura latina presso l’Università, con in tasca il decreto del ministro della Pubblica istruzione, Giovanni Codronchi Argeli, che lo nominava professore ordinario “senza concorso” e per meriti straordinari, come previsto dall’art. 69 della “legge Casati”. Dopo aver abitato in un appartamento al secondo piano di via Legnano, al numero civico 66, Pascoli si trasferì, appunto, nel palazzo “Sturiale” in piazza Risorgimento.

La zona è quella di nuova espansione a sud di Messina e l’alloggio è “moderno, abbastanza vasto, e soprattutto sicuro contro il terremoto”, scrive Pascoli, dimostrandosi anche buon profeta perché l’edificio, scampato al sisma del 1908, è ancora in piedi, nonostante il “sacco edilizio” che ha travolto ed annientato questa città.

Il poeta ne è talmente entusiasta che nell’invitare la sorella “Mariuccina” a tornare a Messina, le fa sapere che la casa “è pulitissima” e decanta la “bella vista …dalla cucina si vede il forte Gonzaga sui monti…dall’altra finestra il mare, su l’Aspromonte…”. Occupandosi personalmente dell’arredamento della nuova casa, Pascoli promette che essa diventerà “il più bell’alloggio di tutta Messina”.

Scrive, in proposito, Vittorio Famularo: “Nella nuova casa, Pascoli, la mattina, si leva di buon’ora ed armeggia per prepararsi il caffè. I pasti li consuma fuori. A volte è invitato, a pranzo o a cena, dal suo collega Luigi Alessandro Michelangeli (insigne grecista), ma, più spesso, dal suo più cordiale amico, il geografo Cosimo Bertacchi, la cui signora è molto esperta nell’ammannire succulenti pranzetti. Pascoli, con la sua tendenza tipicamente romagnola ad appioppare nomignoli, la battezza, giocosamente, Hera, la consorte di Zeus”.

Palazzo “Sturiale”, con al pianoterra la tipologia della “casa e putìa” ed ai piani superiori le abitazioni più evolute, tipiche della classe agiata, ha un portinaio d’eccezione, tale Giovanni Sgroi. Pascoli gli si affeziona, anche se lo descrive “aborto di Polifemo: guercio, zoppo, piccolo”. Dopo il terremoto del 1908, il poeta si ricorderà di Giovanni Sgroi e della sua grande bontà d’animo, inviandogli una grossa somma di denaro e una lettera dove esprime l’augurio che “la nostra Messina” risorga “più bella di prima”.