Palazzo degli Elefanti

     

Il Palazzo degli Elefanti, a destra, in una foto precedente al terremoto del 1908.
    A sinistra si eleva la massiccia mole del Grande Ospedale

Parecchi bei palazzi si affacciavano sulla via Porta Imperiale e di essi ne sono rimasti pochissimi, risparmiati dal terremoto e ridotti allo stato di rudere o quasi. I resti di uno di questi si trovano nelle vicinanze della chiesa della Madonna del Carmine, e sono riferibili, per lo stile, al sec. XVIII. Lo si può definire come uno degli ultimi esempi di quell’architettura nata dalla stretta ed omogenea collaborazione fra architetti e maestranze, dalla loro completa fusione ed interrelazione. Infatti, molto lentamente, nella prima metà dell’800, e, poi, con grande velocità negli ultimi trent’anni del secolo, si perverrà alla rottura di quell’equilibrio e di quell’accordo che erano stati sempre vivaci tra i progettisti e gli esecutori. L’architettura passerà totalmente nelle mani degli ingegneri che, presi dal gusto per l’imperante eclettismo, riesumeranno, con le loro opere, forme architettoniche gotiche e rinascimentali imitando frequentemente i capolavori del passato.

Del palazzo di via Porta Imperiale scrive Gaetano La Corte Cailler ne “Il mio Diario”, ristampato a cura e con note di Giovanni Molonia: “2 Febbrajo (Venerdì) [1912] – Gli sgombri in Via del Tirone e Via degli Angeli proseguono alacremente. Dietro il Palazzo rimpetto l’Ospedale, proprietà del Dr. Miceli ma che fu già dei Benedettini della Maddalena (dove abitò lungamente il Prof. Giacomo Macrì) e che presenta bella architettura, con portone decorato da due teste di elefanti (ricordo forse di un proprietario catanese) e che si crede architettura di Nicolò Francesco Maffei, vidi il giardinetto, che presenta ancora dei portici signorili con nicchie, vaschette ecc. Ultimamente, prima del disastro, eran ritirate colà alcune monache.

Sulla facciata che guarda in via Porta Imperiale si aprono il portale principale d’ingresso ed altri due portali  minori ad architrave. Il portale maggiore, dalle forme estremamente semplici, è affiancato da due teste di elefante scolpite, motivi decorativi atipici nel panorama architettonico locale.

Il piano superiore, andato parzialmente distrutto, è movimentato da tre balconi che sormontano i portali e di quello in corrispondenza della porta maggiore sono rimaste le sole forti mensole aggettanti, quasi identiche nel disegno a quelle del Monte di Pietà.