Le feste religiose nella riviera tirrenica

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La processione delle Barette a Barcellona Pozzo di Gotto

Barcellona Pozzo di Gotto è un comune della Provincia di Messina che riunisce due paesi: Barcellona e Pozzo di Gotto.

Le tradizioni più autentiche di questi due Comuni, oggi riuniti in uno solo, si ritrovano il Venerdì Santo durante la processione delle “Barette” che risale al XVI secolo. I gruppi statuari dei due centri sono diversi: quelli di Pozzo di Gotto sono antiche sculture di legno, mentre quelle di Barcellona sono in cartapesta e la più vecchia risale al 1870.

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Le due processioni comprendono 13 “barette” con partenza, una dalla Chiesa di Santa Maria Assunta a Pozzo di Gotto e l’altra da Barcellona, dalla Chiesa di San Giovanni Battista. Dopo aver percorso le strade dei rispettivi paesi, i cortei processionali s’incontrano sul ponte del torrente Longano che divideva, un tempo, il territorio dei due Comuni. E’ questo il momento più caratteristico perchè si vedono le due processioni sfilare, ognuna, sul proprio lato di strada.

La processione di Barcellona rientra in chiesa e si scioglie mentre quella di Pozzo di Gotto prosegue per le vie del paese per altre tre ore.

La manifestazione si conclude in piena notte perchè le “Barette” hanno un preciso ordine di rientro in chiesa, e, ciascuna di loro, è accompagnata dalla banda musicale.

 

Il Cristo Lungo a Castroreale

 

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La processione della "vara" con il “ Cristo Lungo”, a Castroreale, presumibilmente risale al periodo tra il 1646 ed il 1655, anni riportati in documenti relativi ad interventi di riparazione della "vara". La sua origine nasce dall’esigenza di far vedere agli ammalati di colera l’immagine miracolosa del Cristo attraverso le finestre delle case dove erano rinchiusi, in quarantena.

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La processione consiste nel trasporto di un lungo palo con alla sommità una sfera che rappresenta il mondo, sormontata dal Cristo Crocifisso, fatti uscire dalla chiesa di S.Agata sulle spalle di fedeli. Il palo è quindi fissato sulla base della “vara”, dove sono sistemate due sedioline in cui prendono posto due bambini vestiti in maniera da rappresentare l’Apostolo Giovanni e la Vergine in lacrime. Il palo viene alzato molto lentamente con lunghe forcine di legno che sono sostituite, a seconda dell’altezza raggiunta da terra, progressivamente dalle più corte alle più lunghe fino al completo innalzamento verticale.

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A questo punto intervengono i portatori che lo sollevano e così, lentamente, il “Cristo Lungo” attraversa il paese sovrastando i tetti delle case fino a raggiungere la Chiesa Madre, dov’ è nuovamente abbassato con le stesse procedure, portato in chiesa, rialzato e sostenuto dalla varetta.

Festa del “Muzzuni” ad Alcara Li Fusi

Il 24 giugno per Alcara Li Fusi, piccolo centro montano dei Nebrodi, rappresenta il momento più espressivo della comunità dal punto di vista folklorico-rituale. Nel giorno in cui la chiesa celebra S. Giovanni Battista, nel solstizio d’estate, Alcara è in festa per i preparativi e l’allestimento del “Muzzuni “.

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 Nel pomeriggio il suono delle campane richiama i fedeli alla processione a cui prendono parte le “fratellanze“ con le loro insegne. La statua di San Giovanni in legno dorato, del sec. XVIII, è conservata nella Cappella del Crocefisso, nella navata sinistra della Chiesa Madre. Il fercolo, portato in processione dai giovani del paese, è preceduto da un gruppo di bambini che recano un piatto contenente una testa mozzata, e, seguito da una statua del Cristo. Il corteo processionale compie tutto il giro del paese ed è scandito dal suono del tamburo e dalle musiche eseguite dalla banda. Durante il percorso vengono lanciati, sulla statua del Santo, soldi, fiori, frumento. A conclusione, la processione rientra in chiesa.

A questo punto tutte le donne del paese si affrettano verso le proprie abitazioni per approntare, abbellire ed esporre il “Muzzuni” .

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Questo rito pagano affonda le sue origini, probabilmente, nell’età precristiana e consiste nell’allestimento di una brocca dal collo mozzo, dalla quale fuoriescono steli di grano germogliati al buio in maniera da prendere il colore dell’oro. La brocca è rivestita da un fazzoletto contadino, detto “muccaturi”, ed è un rito magico propiziatorio che si collega alla fatica dell’uomo per coltivare la terra, per le primizie che erano offerte alla dea Demetra in ringraziamento del buon raccolto.

Il luogo nei vari quartieri, dove è esposto il “Muzzuni“, è addobbato con tappeti dai colori sgargianti chiamati “pizzare“, tessuti al telaio di legno con le stoffe tagliate a strisce dalle donne d’Alcara. La brocca è segretamente preparata in casa ed adornata con gioielli, e, una volta pronta, è portata fuori dalla ragazza prescelta. Tutte le ragazze, generalmente le più belle, restano sedute accanto al “Muzzuni“ facendo quadro con l’insieme, ma, principalmente, a custodire i gioielli con cui è adornato. Gruppi di cantori animano la serata con canti della tradizione popolare contadina, visitando i “Muzzuni“ che sono dislocati nei quartieri.

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Il canto è uno degli elementi che più caratterizzano la festa d’Alcara la cui gente è votata da sempre alla musica ed alla poesia, tramandando di generazione in generazione i versi che si cantano ancora oggi durante la festa, chiamata anche della ”comparanza”, tanto che il termine dialettale, “‘u sangiuanni”, conduce alla scelta, in questo giorno, di un compare a suggello di un forte rapporto d’amicizia.

I miracoli di San Giacomo a Capizzi

Il 26 luglio d’ogni anno, a Capizzi, si festeggia San Giacomo. La statua del Santo, posta su una pesante vara, è portata a spalla, a turno, da oltre 50 uomini per le vie del paese, in un itinerario che ha come scopo un viaggio che tocca tutte le chiese dell’abitato.

Giunta la processione nella Piazza dei Miracoli, la vara, dopo una lunga rincorsa, è scaraventata a forza contro la parete di una casa, nella quale la tradizione vuole sia stata sito di un tempio pagano; il muro viene colpito ripetutamente fino ad aprire un vistoso varco, e, a questo punto, scoppia la gioia popolare che grida al miracolo.
L’interpretazione religiosa è doppia: la prima è quella che San Giacomo è vittorioso, e, con la sua fede in Cristo, ha piegato il paganesimo; la seconda è collegata al fatto rituale dell’abbattimento della parete, che annuncia un anno ricco di grano e di prosperità.

I Giudei a San Fratello
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A San Fratello, piccolo centro dei Nebrodi, Giovedì e Venerdì Santo sono i giorni fra i più caratteristici della Sicilia, nei quali si mischiano sacro e profano. L’origine di questa tradizione risale al Medio Evo, e, ancora oggi, racchiude in perfetta simbiosi fede e folklore. Ha inizio nel 1276 con la “Confraternita dei Flagellanti”, oggi più numerosi e chiamati Giudei.

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Il loro policromo vestiario è vario e strano, come strani sono i loro comportamenti e i loro atti sfrenati. Il costume è composto da una giubba e da calzoni rossi, adornati ai lati da strisce di stoffa d’altro colore. Il capo è completamente coperto da un cappuccio, anch’esso rosso, e dalla maschera penzola una grossa lingua di pelle lucida che, insieme ad una grande bocca e a due sopracciglia molto lunghe, conferiscono al mascherone un’aria grottesca e mostruosa. Ai piedi i Giudei calzano delle scarpe in cuoio grezzo o “scarpe di pelo” ed in mano recano mazzi di catene a maglie larghe e trombette.

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Per due giorni San Fratello impazzisce: i Giudei, correndo, attraversano strade, si arrampicano sui muri, camminano in pericoloso equilibrio sugli orli di case e balconi, saltano, suonano, fuggono e spariscono, creando un vero pandemonio, assordando e, a volte, impaurendo anche la gente. Sono abitanti del paese, contadini e pastori che, vestiti da Giudei, interpretano gli uccisori di Cristo e, nelle ore della sua condanna e della Crocifissione, demoniacamente si scatenano.