Egi il tuffatore

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Nel IV sec. a.C. regnava a Siracusa il tiranno Dionigi il Giovane che un giorno si recò, accompagnato dalla sua corte, nella città di Messina per osservare da vicino il celebre e pauroso vortice di Cariddi di cui aveva tanto sentito parlare.
Arrivato di fronte al terribile mostro, Dionigi afferrò una coppa d’oro massiccio e la lanciò verso il vorticoso abisso. Quindi, rivolto ai cortigiani che lo attorniavano, domandò loro chi avrebbe avuto l’audacia di tuffarsi in mare per recuperarla: al coraggioso, il tiranno prometteva la coppa in dono e numerosi ricchi regali. Nessuno si mosse o profferì parola. Soltanto un giovinetto, di nome Egi, si fece avanti, pronto ad affrontare l’impegnativa prova non per bramosia di ricchezza, ma per amore della bella Xantia, figlia del re, che stava dietro al trono. Senza esitazioni il giovane si tuffò fendendo l’acqua, e, dopo che fu risucchiato dal potente vortice, passò molto tempo senza risalire in superficie.

Già il tiranno dava disposizioni per il ritorno quando, un unico urlo degli astanti fece volgere il volto di Dionisio verso il mare: il giovane era emerso tenendo fra i denti la coppa d’oro e nuotava in direzione della scogliera. Risalito il sentiero e deposta la coppa ai piedi del sovrano, raccontò di aver visto figure mostruose, oscure e profonde caverne rischiarate da una innaturale luce rossastra. Aveva poi invocato l’aiuto di Nettuno, proprio mentre un potente risucchio lo strappava dallo scoglio a cui si era aggrappato, e, con la coppa ben stretta nella mano, veniva proiettato dagli stessi gorghi verso la superficie.

Dionisio ascoltò con curiosità e interesse, ma, voleva andare ancora oltre e promise in sposa la sua unica figlia e la successione al trono se Egi avesse provato una seconda volta. Raccolse la coppa e la rilanciò nuovamente in mare, poi, rivolto verso la figlia, le disse: “Xantia, hai sentito quello che ho detto. Dì ad Egi di tuffarsi nuovamente e tu sarai la sua ricompensa”. La ragazza si fece scura in volto, e, rivolta al padre, rispose: “Io ti obbedirò in tutto, ma, non chiedermi di compiere questo sacrificio, Non amo Egi e il mio desiderio è quello di sposare un re o un nobile, non di unirmi in matrimonio con un umile giovane, anche se di grande coraggio e generosità”.
Dionisio non nascose un gesto di stizza; pretendeva da tutti obbedienza e che nessuno osasse discutere i suoi voleri, fosse anche del suo stesso sangue. Quello che aveva deciso doveva compiersi.

Egi guardò a lungo in silenzio il bel viso incollerito della principessa e vi lesse anche tanto disprezzo per lui. Poi si volse verso il mare e nuovamente si tuffò, scomparendo nel mortale abbraccio di Cariddi. Non vide più la luce del sole.