Madonna della Scala

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Nel 1167, nel porto di Messina, si trova alla fonda una nave levantina. I marinai stanno scaricando le ricche mercanzie trasportate fin qui dall’Oriente. Nascosta nella stiva, si trova una tavola in legno dipinta alla maniera delle icone bizantine: raffigura il mezzo busto della Madonna che tiene una scala nella mano, simbolo dell’ascensione al cielo, che i marinai hanno trafugato in una città della Siria.

Terminato lo scarico delle merci, levate le ancore e spiegate le vele al vento, la nave adesso è pronta a riprendere il mare ma, misteriosamente, lo scafo non si muove di un solo centimetro, nonostante le grandi vele siano turgide di vento.
I marinai sono presi dal panico e alcuni sbarcano a terra; l’Arcivescovo Nicolaus, informato del prodigioso evento, dispone che il dipinto venga condotto a terra. E’ un attimo e la nave, come liberata da un immenso fardello, si allontana dal molo verso il mare aperto. Si tratta, allora, di sollevare il quadro ma, inutilmente, essendo questo diventato pesantissimo “à guisa di ponderoso monte di metallo”, scrive Placido Samperi nel 1644.

Dopo molte discussioni, si perviene alla decisione di metterlo in un carro tirato da buoi senza essere guidati: sarà la stessa Madonna a condurlo alla destinazione che lei vorrà. Nel tardo, sciroccoso pomeriggio, la strana processione costeggia la curva del porto e prosegue il suo cammino verso i colli Sarrizzo, lungo la fiumara di S. Leone.
In lontananza si profilano le suggestive merlature della chiesa normanna di S. Maria della Valle. Cinquecento…duecento…cinquanta metri…i buoi si fermano da soli di fronte al tempio e l’immagine viene condotta in chiesa fra gli scroscianti applausi dei presenti. Da questo momento, cambierà il nome in S. Maria della Scala.