Taormina


18010467_10208782856509863_1501402186926798598_n.jpgLa Storia

Nel 358 a.C., quando Andromaco, padre del famoso storico Timeo, vi raccoglieva i superstiti di Nasso ( Naxos ) dopo che questa fu rasa al suolo dal tiranno di Siracusa Dionisio I nel 403 a. C., Tauromenion ( Taormina ) venne fisicamente rifondata come città greca dopo essere stata occupata dai Siculi, dai Calcidesi e dagli Zanclei di Ibla. La sua storia sarà, quindi, caratterizzata dalla colonizzazione romana nel 201 a. C., dall’occupazione musulmana nel 902, quando cambierà il nome in “Almoezia”, fino all’avvento dei normanni nel sec. XI e gli splendori dell’età medievale. Ogni dominazione ha lasciato tracce tangibili del suo passaggio che si possono ammirare nei cospicui monumenti che costituiscono importanti testimonianze della storia dell’arte.

Cittadina a 51 km. da Messina e con una popolazione di 9.902 abitanti, una superficie di 13,1 kmq., è posta a 206 metri sul mare su una terrazza del Monte Tauro, dominante la costa ionica e con una visione panoramica che va da Capo S. Andrea a Capo Taormina e la maestosità dell'Etna. Ai piedi del Capo S. Andrea si stendono, in due pittoresche insenature, le spiagge di Mazzarò , il lido di Taormina e dell'Isola Bella. Taormina è la più importante stazione climatica invernale e balneare della Sicilia e tra le più conosciute del mondo. L'industria del turismo è alla base dell'economia locale, unitamente alla produzione artigianale di merletti.

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Porta Catania

Incorporata nella cortina muraria fortificata medievale, Porta Catania dà accesso al centro storico da meridione. In blocchi squadrati di pietra calcarea con arco a tutto sesto leggermente depresso, la porta è sormontata da un pregevole stemma romboidale degli Aragona di Sicilia, inserito in una raffinata edicola con arco inflesso e gotiche colonnine, recante l’anno MCCCXXXX (1340). In sommità è ubicato un “cascatoio” o “piombatojo” su mensoloni, dotato di strette feritoie per gli arcieri.

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Palazzo dei Duchi di Santo Stefano

Superata “Porta Catania”, sulla destra del Corso Umberto, si erge la maestosa mole del Palazzo dei Duchi di Santo Stefano ( oggi sede della Fondazione Mazzullo ) simile a un torrione, quasi mastio avanzato rispetto alla cortina muraria fortificata. A tre elevazioni fuori terra, appartenne alla famiglia dei De Spucches e secondo Enrico Calandra venne edificato nel 1412. Notevoli sono le finestre bifore e il fregio di coronamento ad elementi romboidali, come particolarmente significativa a livello di messaggio architettonico è la semplice cornice marcadavanzale dell’ultimo piano. La costruzione presenta una differente campionatura di materiali: dal basalto scuro proveniente da Calatabiano e Schisò ai blocchi di marmo locale bianco, rosso e grigio; dalla pietra pomice di Piedimonte Etneo e Linguaglossa, al marmo greco levantino per le colonnine delle bifore.

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La Cattedrale

Procedendo sul Corso Umberto si perviene in piazza Duomo dove si eleva la massiccia Cattedrale dedicata a San Nicola di Bari. L’architettura si rifà, tipologicamente, alle diffuse chiese-fortezze merlate come nella “Badiazza” di Messina, con strette feritoie laterali, mancanza di elementi decorativi e alto e poderoso transetto sovrastante. Da un documento del 6 novembre 1519 in cui si fa menzione di lavori sicuramente di restauro e abbellimento iniziati da 40 anni, si può risalire all’anno di costruzione, il 1479. Conserva pregevoli opere d’arte fra le quali, notevole, è un polittico dipinto su tavola da Antonello de Saliba: La “Vergine col Bambino; i santi Sebastiano e Girolamo; la Pietà e le sante Lucia e Agata”, del 1504. Nella discesa sulla destra, ci si immette in un cortile interno sul quale prospetta la quattrocentesca casa La Floresta, con scala esterna di accesso al piano abitativo superiore, secondo una tipologia edilizia ricorrente nell’architettura residenziale siciliana dei secoli XV e XVI.

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La Fontana di Piazza Duomo

Su un lato di piazza Duomo è ubicata una bella fontana tardo-manierista (1635) coronata dalla raffigurazione di una centauressa rampante che rappresenta lo stemma cittadino di Taormina. La fontana è esemplata sul modello di quella di Orione che Giovan Angelo Montorsoli realizzò a Messina nel 1553, decorata da putti, animali e divinità marine. 

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La Badia Vecchia

A sinistra di piazza Duomo, poco a monte sulla via Fazello, si eleva l’imponente edificio della cosiddetta Badia Vecchia, molto simile nelle proporzioni e nella composizione stilistica al Palazzo dei Duchi di Santo Stefano. Per la sua particolare tipologia architettonica a torrione e per la posizione strategica, probabilmente costituiva parte del sistema difensivo di Taormina. Strutturalmente può considerarsi di due epoche: l’iconografia e la primitiva impostazione potrebbero essere del periodo arabo; il rifacimento per ricavarne un’abitazione nobiliare con l’inserimento di stilemi decorativi dell’architettura tardo-gotica, risalente al Trecento.

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Palazzo Ciampoli

Poco più avanti di piazza Duomo e alla sommità di un’ampia scalinata sorge il Palazzo Ciampoli. La sua ubicazione ha determinato la formazione del centro urbano nel secolo XV, la cui edilizia appare concentrata nel “Borgo quattrocentesco” fra la Porta della Torre dell’Orologio e la Porta Catania. Vi si accede anche da un portale durazzesco laterale con profili maschili a bassorilievo agli angoli. Lo stemma araldico sormontante la porta d’ingresso, reca l’anno 1412 e un vessillo spiegato, attribuito a Damiano Rosso, Alfiere Maggiore del Regno.

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Le Chiese di Sant’Agostino e San Giuseppe

Subito dopo Palazzo Ciampoli, sulla destra, s’incontrano il Portale di Casa Geleng sormontato da cornice modanata cuspidata (sec. XV), simile nella composizione al portale d’ingresso di Palazzo Corvaja, e, oltrepassata la medievale Porta della Torre dell’Orologio, originariamente sicula, si perviene alla panoramica piazza IX Aprile con vista sull’Etna, dove si trova la Chiesa di Sant’Agostino, oggi adibita a biblioteca comunale. Dedicata originariamente a San Sebastiano per voto espresso dalla cittadinanza durante l’epidemia di peste del 1486, venne poi ceduta agli agostiniani e inaugurata nel 1530. Dall’altro lato della piazza, in posizione dominante al culmine di un’elegante scalinata a tenaglia con parapetti-balaustre in colonnine modanate, si eleva la settecentesca Chiesa di San Giuseppe. Presenta un interessante prospetto composito triangolare sul quale si apre il portale d’ingresso rococò. 

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 Le Naumachie

Sempre sul Corso Umberto, a valle fra le vie Naumachie e Giardinazzo, un monumentale serbatoio nella cavità compresa tra un grosso muro in mattoni della lunghezza di 122 metri e la roccia ha fatto pensare, in passato (D’Orville, 1763), ad un complesso edilizio facente parte di una Naumachia (ipotesi, questa, poi smontata da Jean Laurent Houel e dal Serradifalco). Biagio Pace ne sottolineò la somiglianza coi “Ninfei”, specificando che “Per quanto si riferisce alla parete a nicchioni alternati, essa trova riscontro preciso nei più illustri Ninfei d’Asia Minore: può ricordarsi specialmente quello di Aspendo e anche l’altro assai noto di Side”. Eretto nel tardo periodo romano-imperiale con grossi mattoni, oggi si presenta come un lungo muro con la parte sommitale a terrazza e il prospetto architettonicamente risolto dall’alternanza di 18 imponenti nicchie di forma absidale con altre più piccole e rettangolari; sul davanti esiste ancora l’originaria pavimentazione a blocchi poligonali. Si può supporre che l’area rettangolare prospiciente fosse utilizzata a “Stadio” (che nell’antica Grecia era il pianoro dove si svolgevano gare di corsa a piedi), con lunga gradinata per il pubblico, forse costruita in legno, ed accesso dal lato corto.

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Palazzo Corvaja

Chiude scenograficamente il Corso Umberto Palazzo Corvaja, un complesso architettonico che risulta essere di tre differenti epoche: su avanzi del periodo greco venne edificata, in un primo momento, una torre araba; in un secondo tempo, alla fine del sec. XIII, venne aggiunto un altro corpo di fabbrica adiacente, il cosiddetto "Salone del Maestro Giustiziere" e su cui appare lo stemma con le tre stelle della famiglia Termes; infine, agli inizi del ‘400, venne edificato il corpo che ha il prospetto sulla piazza con le quattro finestre bifore al primo piano. Quest' ultima costruzione, con ampio salone, servì per le riunioni del Parlamento siciliano il 25 settembre 1411. Alla fine del sec. XV tutto il complesso dovette essere abitato dalla famiglia Rosso di Cerami, e, nel secolo XVI, pervenne in possesso dei Corvaja ai quali è attribuito lo stemma col vessillo spiegato datato 1538 che si trova scolpito nel concio di chiave dell’arcata. Oggi è sede, in parte, del " Museo d’Arte e Tradizioni Siciliane Collezione Panarello".

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L’Agorà e dintorni

Nelle attuali piazze Badia e Vittorio Emanuele II, sorgeva la piazza più importante di Tauromenion: l’Agorà e cioè il centro economico, politico e sociale cittadino. Era ubicata all’incrocio delle due grandi strade, la Consolare Valeria ( odierno Corso Umberto ) e cioè il “cardo“ dei romani orientato da nord a sud, e, l’attuale via Teatro Greco, ossia il “decumano” orientato da est ad ovest. Tutte le altre vie erano parallele a queste due e delimitavano isolati (“insulae”) regolari. L’”Agorà” greca divenne poi “Foro” dopo l’occupazione romana di Tauromenion nel 201 a. C.. Aveva probabilmente la tipica disposizione a piazza rettangolare recinta da edifici porticati su tre lati, simile, nell’impianto, al “Templum Pacis” di Roma, al “Macellum” di Pozzuoli, al “Foro” di Assisi.

Qui avevano luogo comizi, spettacoli pubblici, feste, processi e venivano trattati gli affari ed eletti i magistrati. Nelle immediate vicinanze, fra l’attuale via Timeo e Palazzo Corvaja, si elevava un tempio che secondo la tradizione era dedicato a Dionisio (III-II sec. a.C.). Di ordine dorico, il più diffuso nell’architettura greca in Sicilia, era “peripteros” in quanto contornato da un unico colonnato (“peristylion”) formante un porticato (“peristasis”); “esastilo” (sei colonne sulla fronte, come avveniva normalmente nei templi dorici) e “doppiamente in antis” (“Templum bis in antis”). Del tempio sono riconoscibili una parte dello “stylobatès”, piano superiore del “krepidoma” (basamento della costruzione elevato per mezzo di tre o più gradini detti “krepides”) e le impronte delle basi delle colonne.

In età romana imperiale (dal 27 a.C. al 476 d.C.), a ridosso, venne realizzato un piccolo Odeon che utilizzò come fronte della “ scena “ il lato lungo del tempio. A pianta semicircolare con struttura in gran parte a mattoni e cinque cunei di gradini, venne scoperto casualmente nel 1892 ed era destinato a recite di poesie o esibizioni musicali di canti lirici o tragici. Rimangono conservati i muri di sostegno del palco, parte della “cavea”, un’estremità della scena che aveva una facciata in mattoni con tre nicchie e uno dei due locali (“parascenia”) laterali alla scena, destinato agli attori e agli arredi scenici (parte della rimanente struttura si può vedere all’interno dell’antistante Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, che l’ha inglobata).

In prossimità del “Foro” (piazza Vittorio Emanuele), dal lato settentrionale, sono stati rinvenuti i resti di un grande edificio connesso ad impianti termali del periodo romano-imperiale, probabilmente del I o II secolo mentre in prossimità di quest’area termale, di recente, è stato scoperto un fabbricato a pianta centrica con peristilio e porticato, forse una biblioteca. Le terme erano stabilimenti per bagni caldi a carattere pubblico, che, nonostante la denominazione greca (“Térmos” = calore), fanno la loro apparizione soprattutto nel mondo romano. Generalmente gli ambienti funzionali più importanti, il “frigidarium” per i bagni freddi, il “tepidarium” e il “calidarium” contenenti vasche di acqua che aumentava gradatamente di temperatura, si disponevano vicini e lungo l’asse longitudinale. A Tauromenion si può ipotizzare un impianto forse simile alle “Terme Centrali” di Pompei.

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Il Teatro greco - romano

Dalla piazza Vittorio Emanuele salendo per via Teatro Greco, si giunge al Teatro greco-romano risalente al III sec. a. C. e quasi completamente rifatto alla fine del I sec. d. C., in età romano-imperiale. In sostanza esso compendia le due maniere costruttive greca e romana: è greca la maniera di ricavare la cavea scavandola nella roccia stessa e adattandola alla morfologia del terreno, mentre i romani costruivano i loro teatri fuori terra; è romana la maniera di concepire l’imponente e sfarzosa scena, come di costruzione romana sono tutte le strutture. Il Teatro di Taormina è, dopo quello di Siracusa, il più grande della Sicilia, di forma semicircolare col diametro di 109 metri. Pare che esso, nel tardo periodo imperiale, abbia subito trasformazioni per essere adattato a spettacoli circensi, allora molto popolari, quali i combattimenti di gladiatori ( “ ludi “ o “ munera “ ) e le cacce di belve feroci ( “ venatories “ ) che normalmente avevano luogo negli appositi “ anfiteatri “ ( ad esempio, il Colosseo a Roma ). Il proscenio, con ai lati della scena i due “ parascenia”, unico sopravvissuto in Sicilia, fu realizzato con un lungo ed alto muro movimentato da colonne, nicchie per statue e tre porte, delle quali quella centrale rappresentava l’ingresso alla “reggia”, quella a destra dello spettatore dava l’accesso alla “sala di ricevimento “ e quella a sinistra immetteva nel tempio o nella prigione.

Anche nel Teatro di Taormina, come di consueto, l’asse di simmetria corrisponde ad una veduta lontana, in questo caso la costa ionica e l’Etna, verso cui si apre l’insieme architettonico. Tale accorgimento è da riferire all’antica usanza, connessa alla tecnica teatrale, di porre in stretta relazione la composizione architettonica d’insieme con il paesaggio.

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Porta Messina e dintorni

Dalla piazza Vittorio Emanuele, proseguendo sul Corso Umberto, si perviene alla monumentale Porta Messina di architettura bugnata, facente parte della cinta muraria fortificata e che chiude il centro storico taorminese a nord.

In fondo al corso, sorge la settecentesca Chiesa di San Pancrazio che ingloba il Tempio di Giove e Serapide edificato in epoca greca. Del tipo àptero “in antis”, il più semplice, è composto da una cella le cui pareti laterali, prolungate sul davanti, si concludevano in pilastri quadrangolari con inserite due colonne. Dopo la trasformazione in chiesa con l’avvento del Cristianesimo sono rimasti notevoli avanzi della tecnica costruttiva greca nella cella e nello stilobate. Il culto di divinità orientali (la siriana Atargatis o quello di Cibele o Iside), come appunto quello dell’egiziana Serapide, fu adottato e immesso nelle tradizionali pratiche religiose greche, e, in particolare, i siciliani più romanizzati come a Tauromenion, ad esempio, lo accettarono più rapidamente che altrove. Nelle vicinanze si trova un rudere di età romana, forse Foro Lustrale dove venivano effettuate le abluzioni religiose dei misteri eleusini.

Un suggestivo e panoramico sentiero a monte dell’abitato conduce al Castello medievale, edificato sulla sommità del Monte Eolo dove era ubicata l’acròpoli (città alta) greca. Altre due, probabilmente, erano attestate sulle alture del Monte Croce e di Mola, quest’ ultima dove poi sorse il ridente paesino di Castel Mola.

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Museo Siciliano di Arte e Tradizioni Popolari di Taormina

Nel dicembre del 1999 è stato inaugurato, a Taormina, il Museo Siciliano di Arte e Tradizioni Popolari, nato principalmente per la generosità di Giovanni Panarello, antiquario di Taormina. La sua minuziosa e ricercata raccolta, frutto di tanti anni di lavoro, ha trovato giusta collocazione nelle sale di Palazzo Corvaja. Esempio, questo, degno di lode e ammirazione perché si è dimostrato che il pubblico ed il privato possono procedere insieme, e bene. Tutti i pezzi, sono stati catalogati e ordinati in sezioni da una Commissione Tecnico Scientifica e forniscono al visitatore una visione completa della produzione artigianale siciliana tra il 1600 ed il 1900.

I materiali esposti riportano indietro negli anni, ma per molti giovani è il primo incontro con un mondo sconosciuto ed animato da altri sentimenti, tipici delle generazioni passate.

Le sculture in legno, i presepi siciliani, le ceramiche, parti di carretti , unitamente agli splendidi cartelloni dell’Opera dei Pupi, costituiscono unico aspetto omogeneo insieme all’arte dei pastori, dei costumi e dei ricami.

Il Museo si articola in un percorso espositivo di tre ambienti che, partendo dal vestibolo, la grande sala del Quattrocento, custodisce elementi strutturali del carretto siciliano, dell’Opera dei Pupi, manufatti di ambito pastorale, arredi tradizionali, costumi e ricami, ex voto anatomici, immagini devote e ritratti.

Nel corridoio di collegamento con la sala del Trecento, sono esposti ex voto per grazia ricevuta dipinti su tavoletta, ceramiche, sculture su legno, dipinti su vetro e sculture sbalzate su rame.

In questa sala, oltre ai pregevoli dipinti seicenteschi e settecenteschi a soggetto religioso, si possono ammirare preziosi presepi in teca e realizzati in cera, legno, carta pecora, tela- colla, corallo ed avorio.

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Isola Bella

L'isola Bella è un'isola dell'Italia sita nel mar Ionio, in Sicilia, a Taormina, comune italiano della città metropolitana di Messina.
L'esigua distanza dalla costa a volte, a causa della marea, si annulla, rendendola una penisola. È chiamata anche la "perla del Mediterraneo".
Il nome fu coniato dal barone tedesco, Wilhelm von Gloeden, che diffuse in tutto il mondo il valore artistico dell'isola.

Donata nel 1806 da Ferdinando I di Borbone a Pancrazio Ciprioti sindaco di Taormina, fu acquistata nel 1890 da Florence Trevelyan che la valorizzò costruendovi una casetta e piantumandovi rare essenze pregiate. L'isola andò poi in eredità all'avv. Cesare Acrosso, figlioccio adottato da Salvatore Cacciola, marito di Florence Trevelyan.

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Nel 1954 fu acquistata per 38.000 ₤ dai fratelli Leone ed Emilio Bosurgi, che vi realizzarono un villaggio con 12 residenze autonome ed una minuscola piscina camuffata fra rocce e piantagioni, al fine di allietare ed ospitare i loro amici imprenditori e banchieri.
La famiglia Bosurgi era proprietaria della Sanderson, storica azienda messinese di trasformazione degli agrumi. Il fallimento di questa nel 1982,[2] aprì la strada alla vendita per asta giudiziaria dei beni di famiglia che garantivano i debiti della società con fideiussioni. Tra questi beni vi era anche l'isola Bella con la sua villa. Una prima asta fu dunque fissata per il 17 ottobre 1984 con una base di cinque miliardi e mezzo di Lire e rilancio minimo di cento milioni, ma andò deserta.

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Intanto le istituzioni si mossero per tutelare l'isolotto. L'8 ottobre 1984 la Regione Siciliana, su sollecitazione del Comune di Taormina, l'Assessorato regionale dei beni culturali dichiarò l'isola Bella un monumento d'interesse storico artistico di particolare pregio in quanto «esempio isolato di unicum come valore naturalistico, storico e culturale», sottoponendola a vincoli di tutela. Il decreto considerava l'isola come un «monumento naturale».

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Una nuova asta il 6 marzo 1985, nonostante la base fosse stata ribassata del 20%, non vide presentarsi nessun compratore.
Nel 1990 l'isola fu infine acquistata dall'Assessorato dei beni culturali della Regione Siciliana. Nel 1998 fu istituita riserva naturale, gestita dal WWF, poi dalla Provincia di Messina e di recente passata in gestione al CUTGANA, centro di tutela ambientale dell'Università di Catania.
Con l'istituzione nel 2010 dei Parchi Archeologici, la gestione, la fruizione, la tutela e la valorizzazione dell'Isolabella sono attualmente di competenza del Parco Archeologico di Naxos.