Scalpellino

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Il mestiere dello scalpellino  è stato fin dall'antichità sottovalutato: "Scultore senza arte", operaio di cava che taglia la pietra e la lavora con le punte e lo scalpello per costruire opere in serie. L'unica capacità che gli è stata attribuita quella di conoscere il materiale che trasforma. Sapere dove segnare per fare le "Cognare" per poi battere i "Ponciotti", per tagliarla nel modo voluto. Il taglio "Trincante" o di "Spalla" deve seguire le venature e lo scalpellino osserva bene la pietra prima di lavorarla! Non solo questo sa fare e le numerose piazze, palazzi e monumenti, costruiti con l'uso di pietre locali o importate, ne sono la testimonianza.

Le sue opere sono spesso anonime. Osservandole però con sensibilità, si possono immaginare le fatiche di chi ha dovuto lottare contro la natura ostile se doveva fornirgli attraverso questo mestiere, il necessario per il sostentamento della propria famiglia. Quando lo scalpellino si dedica a lavori artistici che non siano solo di sagomatura o di preparazione di selciati per le piazze e cordonate per i viali, sa di aver acquisito l'arte, di aver cresciuto i figli e di non dover più produrre per la sola necessità economica. Allora i suoi nuovi lavori saranno pozzi e fontane, colonne e pilastri, camini, archi con i listelli scalpellati a mano e gli spigoli diritti, emblemi di famiglia muri a facciavista dove ogni pietra posata raccoglie l'arte della sagomatura.

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Il "Traguardo" non è solo una meta, ma anche la capacità in gergo di lavorare la pietra grezza in maniera ordinata e precisa. La malta di cemento o calce sarà poca e servirà solo per costruire una "fuga" regolare perché "L'opus incertum" avrà l'eleganza che la storia gli riserva. A Castellavazzo, in Provincia di Belluno, è stato inaugurato nel 2007 il Museo della Pietra e degli Scalpellini, presso il quale è operativa "La Bottega dello Scalpellino".

Fino a trent'anni fa arrivando nelle vicinanze di una cava, si udiva come suono predominante il tintinnio dei martelli sugli attrezzi d'acciaio e il brontolio di qualche pistola ad aria compressa che preparava le "Cognare" per tagliare le pietre. Oggi si sente il rumore forte delle seghe diamantate e delle bocciarde ad aria. Le cave si sono trasformate in moderni laboratori e gli ultimi scalpellini rimasti lavorano altrove. Non potendo competere con i prezzi dei laboratori che producono opere perfette, lo scalpellino può solamente lavorare grazie all'intenditore che desidera qualcosa d'originale, oppure realizzando lavori che le macchine non possono fare come "opus incertum", pavimentazioni con pietre spuntate, opere in facciavista, restauri su rustici rifacendosi agli originali.

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Nel periodo in cui s'udiva ancora il rumore dell'acciaio dei "Ponciotti" e "Giandini", in altre parole i ferri che servivano per tagliare e per rifilare la pietra, essi erano ricavati spesso dall'acciaio degli assi dei camion. Tagliati, forgiati, battuti e temperati, ottenevano i requisiti per essere utilizzati. Le punte per la spuntatura ancora oggi sono delle verghe d'acciaio ottagonali di 17–18 mm di diametro che poi sono tagliate a pezzi poi forgiate, battute e temperate adeguando l'acciaio alla durezza della pietra. Gli scalpelli erano dello stesso genere delle punte ma battuti a taglio. Ai giorni nostri i pochi scalpellini rimasti utilizzano le punte temperate come una volta, e quelli più bravi s'improvvisano fabbri forgiando, battendo e temperando secondo la pietra da lavorare. I "Giandini", scalpelli e bocciarde hanno ormai di solito placche in vidial.

I martelli utilizzati sono tipo mazzetta da 1 kg circa per i lavori comuni, più piccoli ma con la stessa forma per fare alto-basso rilievo, mazza da 5 kg circa per battere i "Ponciotti" che tagliano le pietre. I manici dei martelli come da tradizione, sono fatti solitamente con legno di bagolaro o albero delle sassaie (Celtis Australis), visto le sue qualità di durezza ed elasticità. Vengono tagliati i rami e lasciati riposare per un paio d'anni e poi lavorati secondo l'impugnatura che si desidera.

I colli Euganei oltre che per la produzione del vino sono famosi anche per l'estrazione della trachite. È stata utilizzata nell'epoca paleoveneta per la costruzione di opere edilizie e nell'epoca romana per opere edilizie-canalarie. Negli anni Cinquanta servì per ricostruire gli argini del Po dopo lo straripamento soprattutto nella provincia di Rovigo. Questo causò un abuso in termini finanziari in quanto la trachite veniva venduta solo su carta allo Stato senza controllo nei quantitativi estratti, con un conseguente arricchimento dei cavatori. Si tratta di una pietra dura, magmatica, silicea, con varie colorazioni.

Marrone con venature più scure, grigio-azzurra, grigio, marrone-azzurra, giallo-marrone. Molti palazzi, piazze, opere d'arte di Padova, Venezia, Vicenza, Treviso e non solo sono lavorati con questa pietra. È una roccia che si presta a qualsiasi tipo di lavorazione, dai lavori in “Facciavista” e bocciardati, a quelli levigati e lucidati. È spesso accostata al legno visto la sua somiglianza. Anticamente si affermava che la trachite era una pietra viva poiché tagliando un masso appena staccato dalla parete al suo interno si può scorgere un rigagnolo d'acqua.

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Bocciardare

Picchiare su una superficie di pietra con una placca rotonda o quadrata. Le bocciarde hanno una placca di circa 4×4 cm, che secondo la quantità di denti in essa contenuti, producono superfici grezze o fini. Possono essere "A mano" oppure ad aria compressa. Quelle del tipo "A mano", sono dei martelli con una placca davanti di qualche centimetro quadrato con più o meno denti (20/25), che picchiando sulla superficie la rendono meno scivolosa o in ogni modo con la lavorazione cosiddetta "Bocciardata". Del tipo "ad aria", sono dei "Carrettini" trascinati con manico o addirittura macchine computerizzate ma sempre con placche a vidial o diamantate. Una volta i dentini erano in acciaio, temperati con abilità del fabbro-scalpellino.

Cognara

Fenditura verticale sulla pietra dalla lunghezza di 4/5 cm, e larghezza di circa 1 cm, fatta con punte d'acciaio temperato per tagliare la pietra. Secondo la dimensione del masso sono più o meno numerose a distanze variabili: da qualche centimetro fino a mezzo metro l'una dall'altra. Una cognara ne richiama un'altra e insieme determina un buon taglio. Possono essere eseguite a mano scavate con il martello e la punta temperata, oppure con le pistole ad aria compressa. Se si vuole tagliare una pietra di 30 centimetri per esempio, non serve fare una cognara di 5 cm, ma ne basta una di soli 2 cm fatta nel verso giusto della pietra. La profondità della cognara è di circa 2/3 cm.

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Facciavista

Con questo termine è intesa una pietra lavorata con lo spacco naturale. Ad esempio una pietra segata non è a facciavista e nemmeno una bocciardata o levigata. Un muro di pietre naturali, anche se "Traguardato" è a facciavista. Orrore nei lavori in facciavista: i segni delle cognare o dei tagli!
Fuga
Spazio d'intonaco, malta di cemento, calce che unisce una pietra all'altra. Una fuga può essere regolare o riempitiva questo dipende dalla capacità di saper lavorare la pietra. Le fughe lunghe diventano "Corsi" e raccontano lavori fatti in economia.

Giandino

Attrezzo da usare a mano tipo scalpello con placca e lo spigolo ben definito. Serve per rifilare o spigolare pietre in facciavista. Sono stati molto usati per rifilare selciati delle piazze, oppure per definire gli spigoli degli angoli di pilastri o di cantonali. Può avere taglio massiccio oppure gentile, dato dallo slancio del martello che lo picchia e dalla sensibilità di chi lo usa. Ha creato fili dritti o dentellati, appunto secondo le capacità di chi lo impugnava. In origine era d'acciaio temperato e battuto soprattutto da scalpellini con qualità di fabbro. Era molto difficile per chi non lo usava riuscire a crearlo su misura. Ora gli ultimi scalpellini usano quelli con la placca in vidial.

Opus Incertum

Nel gergo viene anche detta "Opera incerta". È uno stile romanico di lavorazione della pietra dove le "Fughe" non devono per rigore essere lunghe ma discontinue. Sembra una lavorazione a ragnatela che lascia intuire un'arte dove non contano i metri quadrati ma l'abilità nell'eseguirla.

Ponciotto

Cilindro d'acciaio del diametro di circa 4/5 cm, e della lunghezza di 8/10 cm, battuto e temperato a scalpello ma non tagliente, va posto dentro la cognara e battuto in sequenza agli altri finché il battito non cambia suono rompendo il masso. Una volta si adoperavano anche dei cunei in legno che erano poi battuti nelle cognare dopo essere stati bagnati e poi lasciati lì fino a quando il legno crescendo non sforzava al punto di tagliare la pietra. Altra simile tecnica si usava con il cuoio.

Punta

Cono ottagonale in acciaio del diametro di 18 mm; la lunghezza da nuova è di circa 25 cm. Battuta e temperata a punta di quattro facce, serve per la sgrossatura della pietra e per fare le cognare. È uno degli attrezzi più usati dallo scalpellino. Quelle delle pistole ad aria, sono più grosse e con imbocchi a precisione.

Taglio di spalla

Che segue la lunghezza verticale della venatura. Questo sistema di tagliare la pietra, in particolare la trachite, può rendersi necessario quando il masso si trova in alcune posizioni scomode ad altri tipi di taglio. Non è l'ideale poiché l'esito dipende dalla venatura se è dritta o meno. In questo caso si può verificare il taglio cosiddetto "Ad uovo". Questo dipende anche dalla situazione climatica. Se è freddo e la pietra è ghiacciata il taglio non segue il corso desiderato.

Taglio trincante

Contrario alla venatura; che trancia orizzontalmente alla venatura il masso, realizzando il più delle volte con la trachite, sagomature perfette. Il taglio trincante è utilizzato per tagliare pietre che sono poi lavorate a facciavista. È chiamato anche "Taglio di testa".

Traguardo

Termine usato per definire un piano. Nella pietra grezza il "Traguardo" consiste nello spigolare i bordi in modo siano perfettamente in linea con l'altro lato e si possano congiungere senza scalini o differenze. Per "Traguardare" gli scalpellini usano verghe di ferro diritte che insieme all'occhio sensibile determinano le differenze da aggiustare. In questo modo i muri o lavori "Opus incertum" sono lineari e ben lavorati.