Andavamo da Nunnari per mangiare l’Arancino

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di Nuccio Anselmo. 

Ce lo andiamo a mangiare un arancino? E si correva da Nunnari, in via ugo Bassi, in quell'angolo celestiale, dietro quelle vetrate culinarie delle meraviglie, a qualsiasi ora del giorno e della notte. S'interrompeva tutto, non si badava a nulla, anche pochi minuti prima di pranzo o appena dopo cena, c'era sempre spazio per un "pezzo" rustico. E uno valeva esattamente l'altro, in tema di bontà.

In piedi, prima lo scontrino colorato alla cassa, mille lire di carta in mano, poi i fazzolettini leggeri su quella piramide friabile e meravigliosa quel sugo irrefrenabile, quel giallo di riso croccante e gentile che piano piano inondava il palato d'una sapore ineguagliabile, soddisfava fino alla punta dei piedi (traduzione dal vernacolo, in realtà si dovrebbe dire unghie), l'intero essere umano.

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E spesso,il primo arancino non bastava mai, si passava al secondo, magari tra l'uno e l'altro si "spezzava" a volte con quello bianco, quadratini di prosciutto piselli e caldo formaggio filante. E poi i doremi, le mozzarelle in carrozza triangolari, i pitoni. Un mondo scomparso.

E adesso che anche lui, Pippo Nunnari, se n'è andato, in silenzio dopo anni di grande sofferenza interiore per i lutti familiari che ha dovuto sopportare, scompare uno dei principali testimoni di quella grandissima e irripetibile stagione gastronomica cittadina che non aveva eguali.

Lo ricordiamo così, rammentando le sue "cose", mentre tarchiato e robustello girava per i tavoli del ristorante o faceva una capatina accanto, nella rosticceria parlando pochissimo.

Già, la rosticceria-salumeria di via Ugo Bassi.

La cassa angolare, gli scontrini colorati, il bancone ricco dei salumi più gustosi e rinomati, quell'insalata russa fatta di "vero pesce e sugellata con la gelatina e i gamberi a guarnire.

E poi, permetteteci, i doremi, questo mirabile triangolo di pane a cassetta morbido color arancione, ripieni d'insalata russa.

Quando cominciavi a mangiarlo da un lato, subito dall'altro schizzava via il ripieno, e giocavi a mordere dai due angoli, alternando le sensazioni sublimi di godimento.

E quando decidevi che alle sei del pomeriggio era il caso di ingurgitare, su quel bancone laterale, un piatto di tortellini fumanti? C'era sempre il tempo.

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E poi il ristorante, poco più in là, pietanze raffinate e piatti comuni resi sublimi, i ravioli panna e prosciutto, le bracioline di pesce spada con una ricetta speciale e particolare.

Era il 15 agosto del 1966 quando il padre di Nunnari inaugurò la rosticceria-salumeria di via Ugo Bassi, proveniva da via Nino Bixio, l'attività era iniziata addirittura nel '47.

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E dal 1966 quelle vetrate furono meta di clienti da tutto il mondo, non è un'esagerazione, affatto, bastava vedere i turisti assiepati alla cassa.

Di quanto tutto ciò sia rimasto scolpito nel cuore, e nello stomaco, di molti, moltissimi messinesi e non, c'è testimonianza perfino su Facebook.

Qualcuno mirabilmente ha creato il gruppo (è testuale): "Da quannu ghiudiu Nunnari nuddu sapi fari chiù arancini a Messina". Traduzione per gli stomaci deboli: "da quando ha chiuso Nunnari nessuno sa più fare gli arancini a Messina". Iscriviamoci tutti.

Fonte - Gazzetta del Sud - 3 aprile 2010