Avanti Savoia

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 La guerra era terminata da pochi anni, la città di Messina era in ginocchio: in 39 anni aveva subito un devastante terremoto, una criminale lenta ricostruzione e una seconda distruzione strategicamente inutile  nella seconda guerra.

     Se ciò non bastasse, nel dopoguerra, la città fu mortificata con elemosine governative, invece di essere aiutata a  risollevarsi con una intelligente politica di ricostituzione del tessuto socio economico simile a quello della città preterremoto.

     Il 7 marzo 2007 è l’anniversario di un eccidio, tributo di sangue alla causa del  riscatto della città, triste avvenimento da non dimenticare per i suoi alti contenuti morali, sociali e politici.                      .

     Con il voto popolare del 2 giugno 1946 l’Italia è istituzionalmente una repubblica, e in tutti c’è la certezza di un futuro migliore che, purtroppo, tarderà a realizzarsi.

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     Rivediamo sinteticamente la cronaca di quei giorni del 1947: è ancora in uso la tessera annonaria per i generi di prima necessità, il caro vita cresce continuamente e sembra inarrestabile. La finanza del Comune è disastrata e si prospetta la necessità improrogabile  di maggiori introiti, la  Giunta Comunale è orientata ad aumentare l’imposta di consumo sui generi alimentari, di uso e voluttuari.

     Il costo della vita è già del 37,15%  e i precedenti aumenti salariali, sono assorbiti dai rincari dei generi di prima necessità. La decisione della Giunta, come è prevedibile, suscita una corale protesta, specialmente dei lavoratori edili, che chiedono tramite la Camera del Lavoro l’equiparazione con i lavoratori nazionali , e cioè: l’istituzione di enti di consumo con spacci alimentari, ristoranti e mense popolari, mense per i disoccupati, mense rionali per i lavoratori edili, una migliore regolamentazione della distribuzione dei generi tesserati, 40 ore di lavoro settimanali e il blocco dei licenziamenti, infine l’aumento del 15 per cento sulla paga base, come stabilito dal contratto collettivo nazionale, nonché l’aumento della percentuale dell’indennizzo per il lavoro perduto per le condizioni atmosferiche avverse.

     La vertenza è avviata con la controparte, l’Ass. tra Industriali Commercianti ed Artigiani con un comunicato dichiara che le imprese siciliane non hanno altri capitali disponibili se non quelli familiari, che è la caratteristica principale delle imprese siciliane, che in breve tempo sarebbero distrutte; l’Associazione, ricorda altresì, che alcune richieste sono di competenza del Comune, per il resto c’è la disponibilità a trattare in sede regionale, ricordando che dal 1 ottobre 1946 al 1 febbraio 1947, l’aumento del costo della vita ha prodotto per i lavoratori dell’industria della provincia di Messina  un aumento salariale del 45 per cento. Pertanto,l’imprenditoria fa appello al senso di responsabilità dei dirigenti della Camera del Lavoro e raccomanda che  <<  l’attuale stato di agitazione delle maestranze edili non venga diretto, in contrasto alla realtà delle cose, contro i datori di lavoro, perché nulla esiste in questo particolare momento che possa turbare ragionevolmente i rapporti tra i costruttori ed i lavoratori edili di questa provincia  >>.

     Il Prefetto Longo convoca le parti  insieme ai responsabili delle varie istituzioni ed associazioni e cerca di mediare la vertenza , sulla quale si raggiungono degli accomodamenti. Lo stato di agitazione non si placa e la situazione precipita a causa del licenziamento di circa 100 operai. Si verificano degli incidenti con diversi contusi e il 18 febbraio una gran folla di operai e disoccupati tenta di invadere il Genio Civile, fronteggiata inutilmente dal commissario Lo Piano e 12 agenti. Si tenta di chiamare  telefonicamente la Questura, l’edificio è circondato dai dimostranti, ma i telefoni sono muti, sono stati tagliati ? I dimostranti si abbandonano a scene di violenza, rompono i vetri, appiccano il fuoco, prontamente domato, nel garage del Genio C.; alcuni dimostranti riescono ad entrare nei locali, mettendoli a soqquadro. il Dott. Lo Piano e gli agenti che si sono asserragliati all’interno dei locali, sparano in aria per allontanare i dimostranti, che vengono fatti sfollare dalla

Celere chiamata  telefonicamente da un agente in borghese che riesce a raggiungere il vicino Grand Hotel. Cinque feriti tra gli agenti e numerosi contusi tra i dimostranti. Il 26 febbraio dimostrazione all’Ufficio del Lavoro, dopo qualche ora, ristabilito l’ordine, si organizza un corteo con lo scopo di raggiungere la Prefettura ed esporre al Prefetto i motivi della dimostrazione, dei quali il più grave è che operai della provincia vengono chiamati a lavorare in città; il corteo si scioglie perché il Prefetto è ammalato.  

     Il 27 febbraio  si getta benzina sul fuoco: la Giunta Comunale dispone con effetto immediato l’applicazione dell’imposta di consumo sui generi di prima necessità ed alimentari, la protesta è generale. Fra gli altri  Francesco Saija, Presidente della Camera di Commercio, chiede la sospensione del provvedimento perché distruggerebbe l’economia cittadina e conseguentemente una riduzione, se non la fine del commercio della città con il  <<suo naturale interland, la Calabria>>, e sollecita una riunione fra gli enti interessati.

     Interviene il Prefetto che sospende la deliberazione della Giunta Comunale che, riunita d’urgenza, aderisce  all’invito del Prefetto “ principalmente” per  “ evitare speculazioni, anche politiche “.

     Ciò non allenta la tensione, specialmente fra gli edili per  “ l’incomprensione  e intransigenza degli industriali “ che nell’ultima trattativa hanno offerto il 10%  di aumento e l’accollo delle mense. Giorno 6  marzo viene proclamato lo sciopero generale per l’indomani: aderiscono anche i bancari, che chiedono aumenti.

      7 marzo sciopero generale. La città è desolatamente vuota, aperte solo le rivendite di generi alimentari. Alla spicciolata e a gruppetti per tutta la mattinata gli operai raggiungono il luogo del concentramento, il Supercinema ( cinema Casalini ) in via S. Cecilia. Alcune squadre hanno il compito di fare chiudere quei pochi negozi rimasti aperti, si forma un imponente corteo partecipato anche da altre categorie che raggiunge alle ore 11 Piazza Prefettura atteso da altri gruppi di scioperanti.

      La piazza è colma, sulla fontana del Nettuno campeggia minacciosamente una forca, già portata in corteo dagli operai; si forma una commissione per parlamentare con il Prefetto, ma è ammalato, i rappresentanti degli Industriali, invitati precedentemente, non si presentano;  a questo punto gli operai si sentono presi in giro e quando da una finestra della  Prefettura che dà nella via Gran Priorato si affaccia il vice prefetto Castrogiovanni e un rappresentante dei lavoratori, vengono fischiati e presi a sassate: è l’inizio di  violenti scontri con le forze dell’ordine.

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      Gli organizzatori e vari funzionari della Questura si prodigano invano per calmare gli animi; la situazione si aggrava e diviene incontrollabile; gli agenti, a scopo intimidatorio, fanno uso delle armi,  sparando in aria , degli sfollagente e del calcio dei fucili: i dimostranti non mollano, non hanno paura, sono esasperati e continuano a dare l’assalto alla Prefettura,  la confusione è enorme, vengono rotti i vetri delle finestre e si tenta di sfondare gli ingressi del palazzo, puntellati e difesi dall’interno da polizia e carabinieri; alcuni dimostranti dall’alto di un fabbricato danneggiato dai bombardamenti, lanciano sugli agenti pietre, mattoni ed altri materiali. Di rinforzo alla polizia un reparto di carabinieri che si attesta in via Gran Priorato, “ improvvisamente un capitano dei carabinieri lancia il grido: << Avanti Savoia >>. Due militi dell’arma che si trovavano a terra col mitra piazzato fanno partire due colpi: poi alcune raffiche. Sul terreno tra la folla inerme giacciono due morti e tre feriti di cui uno grave. “ ( dalla cronaca dei giornali La Voce della Sicilia e L’Unità, la Gazzetta del Sud il 23 maggio 1954, il giorno prima del processo scrisse: “Alcuni testimoni asserirono che la sparatoria fu preceduta, nel reparto carabinieri, dal grido, lanciato da un ufficiale: << Avanti Savoia >> )  La folla indietreggia, le persone colpite vengono soccorse e a bordo di camionette trasportate in ospedale. Si grida vendetta: i più facinorosi tornano alla carica, vogliono linciare coloro che avevano sparato, ci riescono in parte e sfogano l’ira su un giovane agente, Francesco Staglianò, che è costretto a ricorrere  alle cure dei sanitari dell’Ospedale Piemonte e successivamente trasferito al Margherita, per sottrarlo a un gruppo di dimostranti che lo avevano raggiunto all’ospedale, per continuare nel linciaggio.

     Nel frattempo affluiscono in piazza Prefettura contingenti di truppa per piantonare gli ingressi del palazzo e rinforzi di polizia provenienti da Catania in cambio di quei poliziotti che, dopo la sparatoria, sono oggetto di imprecazioni e accuse da parte della folla che continua a stazionare nella piazza: una donna mostra  a tutti i presenti un panino, la colazione del congiunto colpito a morte;      

qualcuno scrive con il sangue delle vittime sul muro della Prefettura  << sarete vendicati >>.

     All’ospedale Piemonte viene ricoverato un altro agente, che per sottrarsi all’ira dei dimostranti, si getta da una finestra e mentre fugge è fatto segno ad alcuni colpi di fucile: i dimostranti avevano disarmato in precedenza alcuni agenti.

     La giornata dello sciopero generale si chiuse con un bilancio pesante,  morti e feriti: Giuseppe Maiorana e Pellegrino Biagio morirono prima di giungere all’ospedale, Lo Vecchio Giuseppe morì qualche giorno dopo. La città partecipò commossa ai funerali: su una bara, un panino!           

         

Andrea Bambaci