Villa Pirrotta

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Villa Pirrotta : senso del classico e bizzarro eclettismo

In una giornata di inizio Novembre, che non anticipa di certo la stagione invernale, ci siamo avventurati tra i giardini di una villa storica nella zona sud di Messina, abbagliati da un sole ancora cocente a tratti schermato da una ricca vegetazione che, cercando di nascondere la bellezza dei luoghi, creava ombre fuggevoli. Si tratta di villa Pirrotta, adagiata su una verdeggiante collina a fianco del torrente del villaggio di Santa Margherita, a circa 16 km dal centro urbano,  ed a cui si accede da una piccola strada tortuosa al lato di un ponte. Il primo impianto della villa dovrebbe ascriversi al XVIII secolo ma ciò che resta testimonia la temperie architettonica e culturale che investì Messina soprattutto tra fine Ottocento ed inizio Novecento.

Siamo in contrada Ortora, toponimo di sapore classico, che con molta probabilità indica e riecheggia appunto la presenza di fertili e soleggiati Horti. Prime notizie riguardo all’area territoriale, sulla quale insiste la villa, ci parlano di insediamenti nella valle di S. Stefano Briga legati all’importante presenza del monastero, di cultura basiliana, di Santa Maria e San Costantino edificato in età normanna in contrada Bruca; a partire dall’età aragonese s’impianta nell’area un potere baronale ascrivibile prima ai Saccano poi ai Marullo, ai Cirino ed infine ai De Spucches.

Villa Pirrotta, la cui superficie complessiva supera i 2000 m2, è una delle tante testimonianze architettoniche presenti in questa zona che attestano la storicizzazione di complessi che si caratterizzano per la commistione dei caratteri  abitativo, ludico e produttivo. E’ costituita, da vari corpi di fabbrica: la residenza principale, alcune dependances, gli alloggi dei coloni, gli ambienti di servizio, due cappelle, una padronale e l’altra “pubblica”.  

La villa, che nelle accentuazioni delle altezze e nel disegno delle parti, soprattutto nel corpo di fabbrica adibito ad abitazione, mostra un certo gusto per il Gothic Revival, si “segnala” per un interessante apparato decorativo, con una bizzarra mescolanza tra imitazione di stili del passato ed utilizzo di elementi di spolia,  con motivi stilizzati fitomorfi che si accartocciano in volute di pura geometria estetica, e festoni di frutta rispondenti ad un certo gusto decorativo tipico del linguaggio liberty o più in generale eclettico. L’eclettismo è una nota comune alla “piena” ricostruzione della città di Messina in seguito al rovinoso sisma del 1908; il Chillemi ha voluto intravedere nella facies costruttiva di questa villa l’influenza di Gino Coppedè che, giunto a Messina nel 1913, con il suo richiamo al medioevo misto ad aspetti della cultura gotica e manierista aveva fatto scuola.

Soprattutto nel giardino la presenza di erme femminili ma anche di leoni, di sfingi e di vasi istoriati con temi cristiani - elementi che ritroviamo anche nella villa Mancini in contrada Roccamadore - arricchiscono la decorazione “architettonica” insieme a “Dame” reggi-lampada molto simili, nell’idea, a quelle monumentali di Villa De Pasquale a Contesse.

L’ingresso alla proprietà è costituito da un arco a tutto sesto sovrastato da un timpano triangolare che immette tramite una piccola scalinata in un primo cortiletto. A fianco dell’arco vi è un alto colombaio che ricorda nella forma un campanile “a matita”. Nel cortile si affaccia un balcone panciuto a cui corrisponde, al piano terra, l’accesso ad una prima cappella, quella padronale, in cui si custodiscono le tombe del padre, della madre e della sorella dell’avvocato Giovanni Pirrotta. Questi, personaggio di spicco del panorama forense messinese tra fine XIX ed inizi XX secolo nonché uomo di grande cultura e dai molteplici interessi, fu l’ultimo storico proprietario dell’intero complesso della villa. La cappella purtroppo è oggi ridotta a magazzino, ma si scorge una lapide con il nome di Giovanna Minissale Pirrotta, probabilmente la madre dell’avvocato, e la data 8 agosto 1888 che ci fornisce un importante riferimento cronologico, attestando già a quell’epoca la presenza dei Pirrotta nei possedimenti di Santa Margherita.

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In un angolo del cortiletto vi è una piccola edicola votiva, mentre gli altri lati sono occupati da quelli che un tempo erano un palmento ed un magazzino per giare e botti. Già in queste strutture architettoniche con la presenza di archi, anche a sesto acuto, e con un’attenzione per la bicromia delle superfici decorative si esprime e preannuncia lo stile neo-gotico che sfocia nell’eclettico che caratterizza tutta la villa Pirrotta.

Dal cortiletto si prosegue in salita per un vialetto, e, subito a sinistra, una presenza insolita: dal muro sporge una bella vasca battesimale in marmo bianco dai contorni mistilinei decorata ad intarsi marmorei policromi di gusto barocchetto sormontata, a parete, da un rilievo a forma di conchiglia e, più in alto, da uno con la colomba dello Spirito Santo. Non sappiamo se si tratti di un elemento originario della villa o piuttosto di un frammento di cui non si conosce la provenienza e riutilizzato in questo contesto in tempi lontani dalla sua realizzazione, ma di sicuro le forme inducono ad una datazione al XVIII secolo.

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Il vialetto, assecondando l’inclinazione della collina, ci porta ad un secondo e più ampio cortile. A destra vi è un tempietto dedicato alla Madonna della Catena che ci fornisce delle importantissime notizie sulla storia dell’insediamento e sulla cronologia dello stesso. Un Placidus Gary (Garì),  citato sulla lapide sopra l’ingresso della cappelletta,  si occupò, nell’anno 1812, di una ristrutturazione a fundamentis della stessa concussa terra collapsam probabilmente a seguito del terremoto del 5 Febbraio 1783. I Garì, attestati nel suburbio messinese fin dal XVI secolo potrebbero identificarsi con i primi proprietari della villa poi ceduta ai Pirrotta alla fine del XIX secolo. Gli arredi liturgici sull’altare comprendenti glorie e candelieri in legno dorato potrebbero far parte dell’arredo originario della cappella settecentesca.

Tutto il complesso della villa manifesta un particolare gusto per l’antico dei proprietari: testimonianza di tale attenzione era un pannello, oggi non più esistente, collocato nell’atrio d’ingresso su cui era montato un frammento di mosaico proveniente dal duomo di Messina che costituiva sicuramente una “preziosità”   di grande interesse.

 

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Altra testimonianza di reimpiego di pezzi recuperati dalla macerie all’indomani del gravoso sisma del 1908 è rappresentata da una struttura in laterizio in cui è rimontato un balconcino a tre mensole antropomorfe sormontato da tre vasi che sembra provenire dal Monte di Pietà di Messina.   

Su varie pareti della villa sono affissi mascheroni di gusto manierista dall’ aspetto diabolico, con orecchie appuntite e pelose e dalla larga bocca accentuata; uno di questi ancora in loco presenta al di sotto l’iscrizione “Resurgo”.

È suggestivo pensare che i carnosi motivi di frutta e fiori che ingentiliscono alcuni elementi strutturali, come le foglie di quercia e la ghianda, simbolo di forza, virilità e valore, o il melograno nello stucco del salone principale, trovino uno spunto importante nelle cornici delle ceramiche robbiane. Un tale riferimento diventa esplicita citazione in un bassorilievo di imitazione robbiana posto sulla porta di ingresso della cappella padronale.

Villa Pirrotta oltre a dimostrare, ancora una volta, la ricchezza culturale del nostro suburbio, rappresenta un piccolo tesoro, bisognoso di tutela, da riscoprire e far rivivere in cui si conservano importanti testimonianze della Messina pre- terremoto.

Il vasto giardino nel quale la villa risulta immersa, era non solo legato all’attività produttiva, essendo ricco di agrumi e di altre varietà arboree, ma aveva anche funzione di ristoro e diletto dei proprietari con la presenza, ad esempio, di panchine dai bei bassorilievi, di due voliere piramidali e di una grotta artificiale semisferica, in origine voltata a mosaico, con tracce di decorazione in cemento e stucco. Un lungo pergolato è scandito da altre panchine che riprodurrebbero secondo l’Andriolo, nelle loro forme i semi delle carte da gioco francesi. 

Nel mezzo del cortile principale è collocata una fontana, non più funzionante, composta da una  vasca rotonda con al centro una figura allegorica di  giovinetto che tiene in una mano una tinozza e nell’altra doveva tenere un imbuto. Sotto il fanciullo, dentro uno stemma, vi è un’iscrizione che riporta le iniziali S.P. e la data 16-8-1918 che presumiamo si riferisca ad uno dei figli dell’avvocato, Salvatore Pirrotta.

Villa Pirrotta è solo un esempio del territorio-patrimonio messinese da scoprire, conoscere e non far  depauperare  ricco di testimonianze, di stratificazioni storiche e sociali, di intrecci e vicende familiari ancora da chiarire e di atti di valorizzazione ancora tutti da pensare.

 

Giuseppe Finocchio e Daniela Vinci