San Francesco D'Assisi all'Immacolata

L’architettura della chiesa di S. Francesco d’Assisi all’Immacolata costituisce per Messina un fatto eccezionale, che non ha riscontro negli edifici chiesastici coevi, sia per l’impostazione generale, che per i particolari strutturali e decorativi.   

Nonostante abbia subito due notevoli ristrutturazioni e rifacimenti, subito dopo l’incendio del 1884 ad opera dell’arch. Giuseppe Patricolo e dopo il terremoto del 1908, che risparmiò le sole absidi, dall’arch. Francesco Valenti che ne spostò leggermente il primitivo sito e la ricostruì con assoluta fedeltà all’originale, mantiene ancora intatti i caratteri compositivi e spaziali delle origini.

Fondata nel 1254 dalle patrizie messinesi Violante Palizzi, Eleonora da Procida e Beatrice Belfiore, nonostante sia di notevoli dimensioni, la chiesa si compone di un’unica aula rettangolare, senza divisione in navate, con pianta basilicale a croce latina, transetto ed absidi terminali. Una soluzione indubbiamente ardita ed innovativa che consente, però, di cogliere in pieno e senza la mediazione di pilastri e colonne, la vastità spaziale ancor più accentuata dalla grande altezza.

Scrive lo storico dell’architettura Giuseppe Agnello: “Da qualsiasi punto, dall’ingresso, come dal più recondito angolo delle absidi, la visione del tempio si spiega libera e superba, in un dominio incontrastato di spazio e di luce, che è quasi in antitesi col suo carattere medievale”. Per il Toesca, tali caratteri compositivi e strutturali associati al vasto spazio adatto “per capacità, a riunire le folle alla predicazione”, sono tipici dei francescani che assunsero un ruolo rilevante nella definizione di un gotico italiano arioso, semplice e scarno.

La copertura dell’imponente navata, nello spirito del gotico italiano, è a due falde con struttura composta da grandi capriate lignee a vista, che sostituiscono le volte lapidee del gotico francese e sottolineano magistralmente il carattere povero dell’architettura francescana. Stessa rinuncia decorativa si riscontra nell’altissimo transetto, collegato alla navata mediante l’imponente arco trionfale ogivale, che abbraccia visivamente le tre absidi terminali. In queste ultime, si addensano gli elementi

          decorativi di gusto spiccatamente gotico, sottolineati da esilissime colonnine, inserite negli spigoli individuati dalle piante poligonali, dalle quali si dipartono a ventaglio leggere nervature costolonate ed impostate su capitelli con le tipiche decorazioni di foglie uncinate, che suddividono le volte in acutissimi spicchi.

La presenza del gusto cistercense in certi particolari (com’è noto fu tale Ordine religioso ad introdurre lo stile gotico in Italia) è ravvisabile nell’uso dei tre occhi sul transetto, sormontanti le absidi: il valore simbolico che i cistercensi attribuirono al numero tre, associato alla Trinità e racchiudente un valore spirituale, trova applicazione nei tre occhi che idealmente possono essere uniti con delle linee immaginarie, formando, così, il triangolo simbolo della Trinità. Queste absidi furono anche dipinte, sospese tra realtà e sogno, nel paesaggio che fa da sfondo alla “Pietà” di Antonello da Messina, oggi al Museo Correr di Venezia.