Santuario del Carmine o di San Lorenzo

Sulla via Porta Imperiale sorge la chiesa della Madonna del Carmelo, edificata nel 1931 in stile settecentesco tipico della Messina pre-terremoto, su progetto dell’arch. Cesare Bazzani. La cupola, di bell’effetto architettonico e a pianta ottagonale, è segnata su ogni faccia da una finestra circolare ed è sormontata da una lanterna quadrangolare con finestre. L’interno è a pianta centrica a croce greca, ornato di marmi policromi e di colonne in marmo rosa con sovrapposti capitelli intarsiati. Sopra l’altare maggiore, in una nicchia, si trova un simulacro del‘700 raffigurante la “Madonna del Carmelo con Gesù in braccio mentre porge il Santo Abitino a San Simone”.

La chiesa conserva pregevoli opere, e, tra queste, un “Crocefisso”; una statua in legno della “Madonna col Bambino”; una “Madonna della Consolazione”, una bacheca con quattro formelle in argento volute dal Senato messinese nel 1772 per rappresentare il "Pio Transito", la "Canonizzazione Evangelica", il "Miracolo del Vascelluzzo" e la "Tentazione di Sant’Alberto".

 

Santuario di Dinnammare

Salendo sui Monti Peloritani, a sinistra del quadrivio di Sarrizzo denominato le “Quattro Strade”, la strada militare conduce al Santuario di Dinnammare.

Lungo il percorso si può ammirare lo straordinario panorama che guarda il territorio comunale ma anche il versante tirrenico della Provincia e che domina, oltre Milazzo, le Isole Eolie. In cima al monte, in passato nodo strategico

militare, si erge il piccolo Santuario al centro di un panorama unico che abbraccia anche la provincia di Catania con l'Etna.

La chiesa, di ispirazione medievale, venne ricostruita nel 1899 dai militari che avevano abbattuto quella più antica per edificare il forte Dinnamare. Recenti restauri hanno riportato alla luce, dopo aver eliminato tutti gli intonaci, la naturale bellezza delle murature in mattoni a faccia vista. Al suo interno si conserva un rilievo marmoreo dell’ ‘800  raffigurante la "Madonna di Dinnammare": l’iconografia è quella tipica, cioè il quadro con la  Madonna e il Bambino in trono, retto da due mostri marini o delfini.

Ogni anno, il 4 agosto, un pellegrinaggio parte di notte dal sottostante Villaggio Larderia per giungere, alle prime ore del mattino, al Santuario, attraverso sentieri tracciati nella montagna, con in testa il quadro della Madonna che si custodisce nella chiesa parrocchiale di San Sebastiano.                                 

Santuario di Montalto

Dedicato alla “Madonna delle Vittorie”, il Santuario di Montalto sorge sul colle della  Caperrina, definito il "Campidoglio di Messina" per il movimento rivoluzionario del 1282 che vide il popolo messinese impegnato contro l’assedio degli angioini, durante i Vespri Siciliani.

Le fonti agiografiche antiche narrano che la Madonna, in quell'anno, sotto le vesti di una “Dama Bianca”, deviasse con le mani le frecce dei nemici e avesse coperto, con le sue candide vesti, le mura rendendole invisibili agli assalitori francesi. Nel 1294, secondo la tradizione, la Madonna apparve  in sogno ad un frate eremita di nome Nicola che abitava in una grotta sul colle, dicendogli che era suo desiderio vedere sorgere, in quel posto, una chiesa a Lei dedicata. A tale scopo, l’indomani,  avrebbe fatto volare sul terreno designato una colomba bianca che, con il suo triplice volo circolare, avrebbe indicato il perimetro della futura chiesa.    

I Senatori e l’Arcivescovo, il 12 giugno come stabilito,  videro volare  a mezzogiorno, sopra lo stesso terreno, la colomba bianca per  tre volte  nel cielo, per poi sparire prodigiosamente. Il Senato messinese, così, acquistò il terreno per erigere la chiesa che  venne intitolata alla Beata  Vergine di Montalto ed affidata alle monache; dopo il 1389 queste edificarono, accanto ad essa, un monastero ed introdussero il culto della Madonna di Montalto.

Il complesso fu distrutto dal terremoto del 1908, ricostruito nel 1911 ed ampliato nel 1928.

Nel 1929 la ditta Colbacchini di Padova, con il bronzo ricavato dai cannoni nemici nella Grande Guerra del 1915/18, fuse e realizzò ben 25 campane in grado di riprodurre qualsiasi suono. In ogni campana si legge: “ fusa col bronzo tolto al nemico 1915/18. Donata da Sua Eccellenza mons. Angelo Paino, arcivescovo di Messina, nell’anno del Giubileo 1925”.

Il Santuario custodisce opere degne di nota  come, ad esempio, il "Trono" in marmo della

Madonna scolpito  nel 1915 dal marmista Munaò; il tabernacolo in legno; la balaustra marmorea; due acquasantiere in marmo della fine del ‘700; un fonte battesimale in marmo scolpito da Diletti, con cupola in rame sbalzato lavorato nel 1965 da G. Catanzaro,  una serie di dipinti su tela seicenteschi con la narrazione del miracolo della colomba e due Crocifissi lignei quattrocenteschi.  

Santuario Santa Maria di Trapani

Attraversando la circonvallazione di Messina infondo al torrente Trapani, salendo su una strada in terra battuta, troviamo la chiesa di S. Maria di Trapani. Le sue origini sono legate al culto di un’icona in marmo posta in una nicchia della costruzione opera di un anacoreta che in quel luogo si era ritirato in vita solitaria ed ascetica.

L’icona richiama un’altra sacra immagine che si trova a Trapani da questo deriva il suo nome di S.Maria di Trapani. Con l’arrivo a Messina dei Padri Cappuccini questa piccola chiesetta entrò nella storia della città. Essi presero alloggio nel conventino che costruirono vicino all’oratorio, successivamente, pochi anni dopo, si trasferirono presso sul colle più vicino alla città che prende il nome ancora oggi di “Cappuccini”. Dopo al partenza dei Cappuccini il convento rimase per qualche tempo in stato di abbandono ragion per cui l’Arcivescovo della zona lo affidò a pie persone che ne presero la custodia nel 1654. Il luogo divenne allora una sorta di eremo, come lo conosciamo ancora oggi.

La devozione verso la Madonna di Trapani crebbe esponenzialmente nel corso dei decenni, la sua festa si celebrava la seconda domenica dopo pasqua, occasione per la quale accorrevano in zona moltissimi cittadini devoti. Nel corso dell’800 però iniziò a declinare il fermore dell’eremo con le leggi del 1866. La chiesetta comuque continuò al sua ricca attività grazie alle cure della Confraternita di S. Maria di Trapani. Nel 1908 l’edificio viene gravemente danneggiato, ma venne subito resturato grazie alla famiglia Guarnera che si prese l’onere delle spese.