Gli Spagnoli (1458-1516)

A Giovanni II, successe Ferdinando II d’Aragona (1452-1516) che nel 1469 aveva sposato Isabella di Castiglia, ottenendone così anche la corona. Per le sue ortodossie religiose fu detto il cattolico e costituì in Sicilia il famigerato Tribunale dell’inquisizione spagnola che tanti danni recò. Sotto il suo regno (presidenti del regno: Ferdinando de Acugna e poi Giovan Tommaso Moncada, conte di Adornò), con un discutibile editto datato 31 marzo 1492, egli decretò l’espulsione dall’isola di tutti gli ebrei (inutilmente poi richiamati da Carlo III di borbone nel 1739) fatto che causò enormi danni all’economia isolana. Costoro, che non volevano andarsene, cercarono di propiziarsi il senato palermitano asserendo di avere scoperto una lapide antichissima recante un’iscrizione caldea. I Caldei, come narra la Bibbia, erano un popolo vissuto molto prima dei Calcidesi di Eubea, ritenuti i fondatori di Messina la cui data di nascita oscilla tra il 756 ed il 730 a. C. Palermo poteva così vantare un formidabile diritto prioritario di fondazione ed acquisire, quindi, per fatto storico, un titolo nobiliare superiore a quello di Messina. L’iscrizione lapidea si dimostrò, alla fine essere di origine araba ed appartenente ad un periodo compreso tra l’ VIII ed il V sec. Dopo cristo.

Nel 1515, il vicerè Ugo Moncada conferma Messina come naturale sede della zecca del regno. Questa scelta inasprì ancora di più gli anima dei palermitani, a tal punto che re Ferdinando II d’Aragona permise l’apertura di una zecca reale anche a Termini Imerese, anche se sotto la giurisdizione di quella messinese. Morto re Ferdinando, i palermitani sfogarono la loro rabbia cacciando dalla città il vicerè Moncada che il 7 marzo 1516 si rifugiò proprio a Messina, unica città che non si era ribellata agli spagnoli per ovvi motivi.

 

Gli Asburgo d’austria (1516-1556)

Carlo v dventa imperatore nel 1515 a soli 19 anni ed ebbe significativamente a dire che “nel suo regno il sole non tramontava mai”. Di ritorno dalla bella vittoria sul pirata Ariadeno Barbarossa, il 13 novembre 1535 fu incoronato re di Sicilia a Palermo. Il 14 ottobre partì per Messina e dopo avere sostato in alcuni paesi interni dell’isola, entrò nella città peloritana accolto festosamente mentre passava attraverso una porta trionfale, detta Porta imperiale.

 

Gli Spagnoli (1556-1674)

- Carlo V abdica a favore di Filippo II di Spagna. Gli spagnoli riprendono a governare la sicilia. Avviene la battaglia di Lepanto

- nel 1591, per le difficoltà economiche del re Filippo, la corona spagnola, in cambio di seicentomila scudi presi in prestito dai messinesi con gravosi interessi dai genovesi, confermava alla città gli antichi privilegi e ne aggiungeva dei nuovi: il diritto di dotarsi di un’università degli studi (aperta poi nel 1596), la privativa dell’estrazione della seta e, in aggiunta a ciò, le veniva riconosciuto anche il prestigioso privilegio che i vicerè dell’isola trascorressero diciotto mesi del loro triennale governo nell’isola a messina, dando così luogo ad un’ulteriore rivalità tra le due nobili città.

- nel primo scorcio del 1600, Messina, confermata nei suoi privilegi prima da Filippo III (II di Sicilia) e poi da Filippo IV (III di Sicilia), parve avviarsi seriamente a contendere il primato di palermo, quando il duca di Albunquerque don Francesco Fernandez de la Cruenta, vicerè in Sicilia dal 1627 arredò sfarzosamente la reggia di Palermo e si rifiutò di trascorrere i diciotto mesi del suo triennale vicereame a Messina, così come era stato stabilito da Filippo II. A questo diniego, una delegazione di messinesi, nel 1630, si recò alla corte di Madrid e al re Filippo IV offrì la somma di un milione di scudi perché dividesse la Sicilia in due distinte province, con due capitali separate, una Palermo e l’altra Messina. A questa proposta il senato palermitano si oppose recisamente. Allora della questione venne investito il parlamento siciliano che, riunitosi a Palermo nello stesso anno 1630, respinse le istanze messinesi dichiarandole contrarie all’interesse della Sicilia e della monarchia. I dissensi tra le due città si convertirono quindi in aperto odio, che si protrasse poi fino al 1848 quando il bene comune del riscatto risorgimentale le accomunò nuovamente nello stesso destino.

- nel 1647, si sollevò Palermo, a causa del rincaro del prezzo del pane, ma Messina non solo non la seguì, ma addirittura diede asilo ed aiuto al repressore vicerè marchese di los veles che soffocò la sommossa nel sangue mandando a morte i capi ribelli.

- i palermitani rendono pan per focaccia ai messinesi restando inermi quando scoppiano nella città del Peloro le sommosse dei Merli e Malvizzi nel 1674 – si richiede l’intervento della Francia – quattro anni di lotte – la Francia, con Luigi XIV, con i preliminari della pace di Nimega abbandona la Sicilia il 14 marzo 1678 – se tutto ciò non fosse successo, forse, il risorgimento italiano si sarebbe potuto anticipare di due secoli - rientrano gli spagnoli (il 25 marzo 1678) – il vicerè spagnolo principe Vincenzo Gonzaga dei duchi di Mantova concede un indulto – arriva però nel 1679 il nuovo vicerè, il conte di Santo Stefano don Francesco de Bonavides che per il suo accanimento mostrato nei confronti della città fu definito dai messinesi “il carnefice di Messina”. In due anni di dura repressione, punì la città abolendo il senato, i privilegi (fece perdere a Messina il titolo di città esemplare e caput regni), il porto franco. Fece costruire da Carlo Nuremberg la famigerata cittadella nel braccio di San Raineri “ad eterno freno dei malcontenti”. Abolì la zecca e depredò infine la città dei suoi maggiori tesori (compresi i manoscritti greci donati alla città da Costantino Lascaris nel 1400. Il bottino razziato ed avviato verso la Spagna fu molto consistente come risulta dall’inventario stilato da d. Rodrigo de Quintana il 9 gennaio 1679. Una parte dell’archivio trafugato, risulta oggi essere custodito a Siviglia, nella casa del duca di Medinaceli.

Luigi XIV vedendo le grandi difficoltà di strappare l'isola agli spagnoli ed anche perché si stava trattando la pace di Nimega tra la Spagna e la Francia, aveva già deciso (ma con la pace poi costretto) ad abbandonar la Sicilia.

    Lo sgombro dei francesi da Messina ebbe luogo il 16 di marzo del 1678. Il maresciallo la Feuillade concedette quattro ore di tempo a quei cittadini che volessero lasciar la città per salvarsi dalle vendette spagnole e cinquemila riuscirono a imbarcarsi. Condotti a Marsiglia, dopo pochi mesi ne venivano cacciati. Così Luigi XIV trattava un popolo valorosissimo, che, per sottrarsi al giogo di un tiranno, aveva avuto il torto di affidarsi ad un altro tiranno.

    L' infelice Messina dovette così sottomettersi. Il nuovo vicerè, conte di Santo Stefano don Francesco de Bonavides, assistito dal feroce consultore don Rodrigo Quintana, trattò la città ribelle con estremo rigore: abolì la carica di straticò e la sostituì con quella del governatore militare, soppresse il senato e in sua vece istituì un magistrato di eletti; confiscò il patrimonio della città e ne affidò l'amministrazione ad una giunta di stato (ovviamente spagnolo); cancellò dall'archivio i privilegi e i diplomi che erano stati concessi; asportò e inviò in Spagna le pergamene e i preziosi manoscritti greci che il senato aveva acquistato da Costantino Lascaris; soppresse l'ordine equestre della stella, le due accademie, l'università e come se ciò non bastasse fece spianare il magnifico palazzo del senato e, dopo averne fatto arare e cospargere di sale il suolo, ordinò che vi fosse eretta la statua di Carlo II, fusa con il bronzo della campana grande del duomo.

    Messina peggio di così  non poteva finire.

Con il trasferimento in Spagna, dell’archivio si perde ogni traccia fino a quando, nel 1975, il bibliotecario spagnolo Gregorio de Andèas, nell’ambito di una ricerca dei codici greci di Costantino Lascaris, conservati oggi presso la Biblioteca Nazionale di Madrid e provenienti dalla Biblioteca del Duomo di Messina, riesce a dimostrare la presenza del Fondo Messina nell’archivio del Duca di Medinaceli a Siviglia.

Fondazione casa ducale Medinaceli

Un viaggio nella storia alla riscoperta della memoria.

Il restauro delle 1425 pergamene del fondo Messina su complessive 1426(?)

Documento ecclesiastico pergamenaceo 1236, Messina. L'avvenuta vicenda di queste pergamene ha inizio la notte del 9 gennaio 1679, quando il viceré spagnolo Francisco de Benavides conte di Santo Stefano le portò via dalla torre del duomo di Messina, come conquista personale per arricchire gli archivi della sua nobile famiglia. Tale atto costituisca l'umiliante vendetta degli spagnoli nei confronti della città, rea di essersi ribellata al dominio di Carlo II con una sollevazione iniziata nel 1674 e durata cinque anni.

Fino ad allora Messina aveva conosciuto un lungo periodo di ricchezza e fioritura:

Le più dirette e preziose testimonianze di tale civiltà e dell'evolversi della società,

Dell'economia e delle istituzioni messinesi - dal dominio normanno nella Sicilia orientale dell'XI e XII secolo, ai privilegi concessi alla città dall'anno mille sino al '600 - erano contenute proprio in quei documenti, custoditi negli archivi della torre.

Ecco perché gli spagnoli, per vendicarsi dei presunti torti subiti, asportarono gli archivi, cancellando anche simbolicamente l'identità di Messina e dichiarando al contempo la città "morta civilmente e indegna di ogni onore".

Ed ecco che, ciò che sembrava perduto per sempre ritorna alla luce : nell'archivio del duca di Medinaceli vengono ritrovate le pergamene del Fondo Messina. Il grande interesse scientifico e le implicazioni emotive suscitate da questa scoperta danno impulso ad un affascinante progetto : restituire a Messina la propria memoria storica, recuperando a vantaggio della comunità ( e non solo di un più ristretto gruppo di studiosi e ricercatori) un ingente patrimonio di documenti, che consentono una più ampia conoscenza di eventi che vanno ben oltre i confini della città e dell'Italia stessa.

Sviluppando tale progetto congiuntamente con il ministero per i beni culturali e ambientali, il ministero per gli affari esteri, la fondazione casa ducale di Medinaceli di Siviglia e il ministero della cultura spagnolo, la società Paolo Ferraris riceve l'incarico di progettare e realizzare l'intervento di restauro conservativo delle 1425 pergamene del Fondo Messina : intervento che ha coperto un arco temporale di tre anni e si è svolto in stretta collaborazione con i responsabili ministeriali incaricati del progetto e la fondazione Medinaceli.

Alla fine del mese di gennaio del 1990 un gruppo di esperti della nostra società si è recato presso il ducale archivio, compiendo una prima identificazione delle unità archivistiche, l'analisi dello stato di conservazione generale delle pergamene e delle cause principali di degrado, e la definizione di un progetto di restauro globale.

Nel maggio e nel giugno dello stesso anno il lavoro è proseguito con la schedatura di ogni pergamena al fine di rilevarne le caratteristiche e valutare l'entità dell'intervento di restauro da eseguire ; è stata conseguentemente redatta la carta del rischio per ogni singolo pezzo.

Successivamente, con un apposito progetto tecnico-organizzativo, è stato installato un laboratorio mobile presso l'archivio della casa de Pilatos di Siviglia, per eseguire i saggi degli interventi che sarebbero poi stati realizzati presso la nostra sede operativa di Torino. Il 28 ottobre 1991 il duca di Segorbe, accompagnato dal suo archivista dott. Antonio Sanchez Gonzales e dal comitato scientifico italo-spagnolo, hanno visitato la nostra sede operativa per prendere visione della struttura nella quale sarebbero state restaurate le pergamene, dei dispositivi di sicurezza presenti e per definire la tipologia dell'intervento.

Il 26 aprile 1992 le pergamene del Fondo Messina sono giunte a Torino presso il nostro laboratorio di restauro, la microfilmatura in bianco e nero e la documentazione fotografica a colori. Dopo l'intervento, che si è differenziato in base alle tipologie di degrado di ciascun documento, 1310 pergamene sono ritornate a Siviglia ( settembre 1993), mentre 115 sono state esposte nella grande mostra "Messina, il ritorno della memoria storica" allestita a palazzo Zanca, Messina, dal 1 marzo al 28 aprile 1994. Una ricchissima documentazione di tale mostra si può trovare nel bel volume ad essa dedicato, curato dalle edizioni Novecento, Palermo 1994.