La pittura su vetro in Sicilia

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di Mario Sarica

La pittura su vetro giunge in Sicilia, a causa delle croniche condizioni di arretratezza sociale ed economica in cui versa l'Isola, molto in ritardo rispetto ad altre regioni italiane ed europee, dove è già presente in età medievale.

I primi documenti di questa singolare forma d'arte si rilevano in territorio siciliano solo alla fine del Seicento, attestando, peraltro, chiare influenze dall'area culturale veneta, in considerazione delle fiorenti fabbriche vetraie lagunari.

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"I primi vetri colorati siciliani, rispetto a quelli Veneti dal segno più raffinato, si riconoscono da un disegno più incerto e da una campitura dei colori più approssimativa", segnalando così un apprendimento più vicino ai canoni dell'iconografia popolare che a quelli delle botteghe d'arte.

Si tratta, dunque, di una produzione dai caratteri artigianali che si sviluppa "all'ombra di ambienti con pretese di nobiltà, sforzandosi di rifletterne i gusti alla moda e le inclinazioni culturali".

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E così, le pitture su vetro siciliane per tutto il XVIII secolo si diffondono dai principali centri di produzione palermitani e catanesi in tutta l'Isola, entrando a far parte dell'arredo di casa, inizialmente più con valenze decorative che devozionali.
Abbandonando i primi temi di carattere mitologico, la pittura su vetro siciliana acquista gradualmente un carattere figurativo popolareggiante, prediligendo i soggetti sacri.

Nel XIX secolo, le mutazioni sociali ed economiche che interessano ampi strati del ceto popolare siciliano, fa crescere ulteriormente la committenza di pitture su vetro che, assieme ad espressioni figurative tradizionali emergenti, quali quelle dei carretti e dell'Opera dei Pupi, risponde ad un bisogno diffuso di emancipazione culturale rispetto alle classi dominanti siciliane. Penetrate all'interno del mondo popolare, le pitture su vetro, declinate ai temi di devozione religiosa, acquistano la "vitale funzione di protezione dal negativo".

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Gli umili e spesso anonimi pincisanti siciliani, nel secondo trentennio dell'Ottocento, si affrancano non solo dai modelli Veneti, ma anche da quelli napoletani, acquistando segni distintivi propri all'interno della più vasta cultura figurativa popolare isolana.

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I temi figurativi più richiesti da una committenza in crescita, riprodotti in decine di copie, dall'inconfondibile pennellata naif dal caldo cromatismo, il cui disegno risente anche dell'ampia diffusione delle stampe popolari a soggetto sacro, sono soprattutto quelli riferiti alle devozioni mariane locali (Madonna col Bambino in molteplici versioni: del Soccorso, del Ponte, del Rosario, della Mela, di Tindari, di Custonaci, della Lettera) e alla Natività, di cui questa mostra per la prima volta in assoluto, con riproduzioni in stampa digitale su grande formato, offre un'ampia campionatura di soggetti che vanno dall 'Annunciazione, sii Adorazione dei Pastori e dei Re Magi, alla Sacra Famiglia, alla Fuga in Egitto, al Cuore di Gesù e dì Maria, al Bambino dormiente.

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Su quest'ultimo soggetto, c'è da annotare sia l'influenza dell'omologa produzione napoletana, sia l'evidente derivazione, per quanto concerne la postura e la composizione figurativa, dal culto per il Bambino Gesù di cera, espressione tipica dell'artigianato d'arte napoletano e siciliano, che dominava dalla scarabattola, dov'era solitamente custodito, la scena della Natività domestica.
Mario Sarica