Ai Marinai Russi, a perenne ricordo.

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Sulle lapidi “a perenne ricordo” appaiono, spesso, i nomi che non meritano di essere ricordati, il latinista, scribacchino d’alto rango, il politico che ha finanziato l’operazione e, a volte, anche il marmista in cerca di vanagloria. Gli altri, i realizzatori dell’impresa, appaiono raggruppati con termini, in lingua latina, per pochi intimi ed incomprensibile ai più, generici e cumulativi populos, mentis, manus. A questa regola è sfuggita la scultura dedicata ai Marinai Russi in soccorso alla Città di Messina, dopo il Terremoto del 28 Dicembre 1908. Finalmente, gli unici destinatari, e di diritto, di un momento e monumento di memoria, non sono stati scalzati e messi da parte da un “posuit”, segno tangibile di un passaggio labile ed effimero come la pipì di un cane che circoscrive il suo territorio.
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In altri marmi, con la pretesa di trovare un posto nella Storia, con nomi e graffiti rupestri, nella fretta di battere eventuali concorrenti, il “posuit”, invertendo due vocali, è stato inciso “posiut”, forse per errore di trascrizione o beata ed incosciente ignoranza. Finalmente una doppia lingua, Italiana e Russa, per un’epigrafe, su un blocco marmoreo, lampo immortale di dolore, destinata a tutti, solenne, concisa ed essenziale e non un epitaffio retorico, cimiteriale, con firma destinata ai vivi e non ai morti! Non è la prima volta che ai Marinai Russi del 1908 è stata manifestata riconoscenza, attraverso la presenza in Città dei Marinai Russi di oggi; alcune volte, in tempi e luoghi scelti a caso o per ragioni di opportunismo, l’unica volta in modo più massiccio e appropriato, nel Dicembre 2008.

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La loro apparizione sul molo del porto o per le vie e piazze di Messina deve essere accolta sempre con segni di esultanza, come fra vecchi amici o parenti lontani in visita di cortesia, che si ritrovano senza la drammaticità del loro primo incontro. Debito inestinguibile, non sarà il numero delle manifestazioni a ripagarli; qualcuna in anticipo, l’ultima dedica in ritardo sul calendario del Centenario, tutte devono essere interpretate come omaggio ed atto dovuto verso i loro antenati accorsi nel bisogno. In “Terremotando”, i ragazzi li definiscono ...Eroi per caso!... Si spiavano e si inseguivano; giocavano a nascondino nel Mediterraneo, con la scusa delle esercitazioni militari…E si sono trovati accomunati nella solidarietà…
Se non altro i terremoti servono ad unire i popoli al momento del bisogno… Quanto basta per consentire, più di cento anni dopo, ai discendenti di ragazzi, sempre sul piede di guerra, di vivere in pace la nostra Città. Sotto i loro cappellacci bianchi appaiono più esili, meno forti di chi ha dovuto provvedere al primo soccorso della Città di Messina, piegata e distrutta; dentro quella divisa linda e gli stivali tirati a lucido, ne sono certo, nascondono la stessa energia dei cosacchi dello Zar, pronti a lanciarsi in una vorticosa e piroettante danza della steppa siberiana. Per non provocare scuotimenti eccessivi, li preghiamo di non ballare il “Casaciof” in Piazza Municipio, ma al largo, oltre la Madonnina, per non risvegliare le turbolenze tettoniche dello Stretto di Messina; se ne andranno e alla prossima occasione, se torneranno, saranno sempre i benvenuti.
Ullo Paolo