Giacomo Minutoli

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Giacomo Minutoli

La sua figura rimane impenetrabile ed avvolta nel mistero per le pochissime e quasi nulle notizie biografiche che lo riguardano. Si sa che era nato a Messina nel 1765 e che dopo il terremoto del 1783, che aveva semidistrutto la città natale, è a Roma per studiare i grandiosi monumenti  dell'antichità. Qui perfeziona i suoi studi e inizia la professione di architetto, per poi tornare a Messina ed ottenere il primo, importante incarico nel 1799: la riedificazione della Palazzata costruita nel 1622 dall'architetto messinese Simone Gullì  sulla curva portuale, caduta dopo il sisma del 5 febbraio 1783. Mentre va sorgendo il nuovo " Teatro Marittimo" a partire dal 1803 (così veniva definita la superba cortina continua di palazzi di fronte al porto), l'abate-architetto diventa uno dei progettisti più in vista della città e l'interprete maggiore del rinnovato fervore architettonico.

Nel 1812 realizza l'ampliamento della piazza del Duomo verso sud-est e grandiosi palazzi in essa prospettanti (palazzo Arena in collaborazione con Gianfrancesco Arena e palazzo Pistorio-Cassibile).  Altre realizzazioni seguiranno sulla via Ferdinanda (oggi Garibaldi) con i palazzi  Gustarelli e S. Leone e Santis sulla strada del Corso; il prospetto della " Casa dei Padri Minoriti " di fronte alla Cattedrale; il prospetto del convento di San Francesco d'Assisi (oggi palazzo dell’Intendenza di Finanza); la chiesa di Nostra Donna delle Vittorie; l'Orto Botanico; il Palazzo Senatorio al  centro della sua, superba Palazzata e l'ultimo intervento, la sistemazione urbanistica in senso scenografico della via Ferdinanda. Giacomo Minutoli muore nella sua città l'11 febbraio 1827 e a ricordarlo, nella Messina di oggi, sono l'Istituto Tecnico per Geometri a lui intestato e il largo antistante Palazzo Zanca, sulla via Garibaldi.  

Giovanni Rappazzo

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Giovanni Rappazzo (1893 – 1995)inventore italiano.

Il 22 marzo 1994 è stato nominato Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana per aver brevettato per primo il cinema sonoro.

Nacque e visse a Messina, dove si diplomò all'Istituto Tecnico Industriale "Verona Trento", divenendo Perito Elettrotecnico. Insegnò nella suddetta scuola per lunghi anni.

Figlio del proprietario dell'Eden Cinema Concerto un locale costruito a Messina nel 1912 sulle macerie lasciate dal devastante terremoto del 1908, il giovane Giovanni si dilettava nella cabina di proiezione, un po' come il bambino Totò (interpretato da Totò Cascio), del Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore.

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La storia del brevetto rubato

Tra le sue invenzioni appunto il cinema sonoro nel 1914. L'intuizione gli venne lavorando nel cinema all'aperto "Eden Cinema Concerto", aperto insieme al fratello nel 1911. Brevettò ma non riuscì a vendere la sua invenzione, e non avendo la possibilità di rinnovare il brevetto, che scadde il 30 marzo 1924, ne perse la priorità e la Fox brevettò un sistema di sonoro identico a quello di Rappazzo, che in perfetta buona fede aveva fornito ingenuamente alla casa cinematografica americana i suoi progetti ed anche una pellicola sonora.

Era quindi il 1921 quando, poco dopo la grande guerra, il giovanotto siciliano depositò il brevetto per la "pellicola a impressione contemporanea di immagine e suoni". Un' intuizione geniale, dalla quale poi è scaturita l'attuale realizzazione del film sonoro. La sua brillante scoperta, a quel tempo, non trovò nessun finanziatore. Così per mancanza di fondi il brevetto scadde e l'idea di Rappazzo fu ripresa e sfruttata dagli americani. La sua storia ricalca un po' quella di Meucci. Infatti non poté più rinnovare il brevetto della sua invenzione, che fu invece brevettato dalla Fox.

Corriere della Sera 15 ottobre 1993 di Pagliaro Mariella

i 100 anni del genio " scippato " dagli americani

compie 100 anni Giovanni Rappazzo, inventore del sonoro al cinema, la lotta per il riconoscimento della paternita'

E' un italiano, anzi un messinese, l' inventore del sonoro, la scoperta che ha rivoluzionato la cinematografia mondiale. Giovanni Rappazzo, e' un arzillo vecchietto che oggi compie cento anni. E lui che ha ideato la "pellicola a impressione contemporanea di immagine e suoni", ma per mancanza di finanziamenti, Rappazzo non riusci' mai a brevettare la sua invenzione, che venne poi ripresa dall' industria americana. Un genio stroncato sul nascere dalla mancanza del "vil denaro". Per oltre mezzo secolo Rappazzo ha lottatto per ottenere il riconoscimento della paternita' del film sonoro. Meta' della sua lunga vita il messinese l' ha dedicata a questa battaglia. Ma in tanti anni, l' illustre siciliano ha solo ottenuto qualche attestazione, inseguendo la fama per un' invenzione che ha cambiato la storia del cinema. Che sarebbe stato di "Via col vento" senza il sonoro? E ve la immaginate la "divina" Greta Garbo, che anche alla sua voce roca ha legato i suoi successi. E John Wayne? E Casablanca?

E un triste copione la storia di Rappazzo, che ricorda quello di un altro grande inventore: Antonio Meucci, "ideatore del telefono". Anch' egli per assenza di soldi non riusci' a brevettare la sua invenzione ripresa e sfruttata dall' ingegnere americano Bell. Statunitensi dal portafoglio gonfio che strappano intuizioni geniali agli italiani. Nel lontano 1921, poco dopo la grande guerra, il giovanotto siciliano deposito' il brevetto per la "pellicola a impressione contemporanea di immagine e suoni". Un' intuizione geniale, dalla quale poi e' scaturita l' attuale realizzazione del film sonoro. La sua brillante scoperta, a quel tempo, non trovo' nessun finanziatore.

Cosi' per mancanza di fondi il brevetto scadde e l' idea di Rappazzo fu ripresa e sfruttata dagli americani. Oggi il genio incompreso compie 100 anni, auguri e affetto dei familiari colmeranno la sua amarezza. Diplomato perito industriale, Rappazzo, che meriterebbe un posto d' onore accanto ai fratelli Lumiere, e' stato insegnante all' istituto tecnico "Verona Trento" di Messina ed e' professore onorario dell' Istituto umanistico di Parigi. La battaglia per il sonoro e' uno di quei fatti determinanti che ha contraddistinto la vita del centenario professore che, tra ricordi e aneddoti legati a quella "scoperta", festeggera' oggi a Messina, con i tre figli, i sei nipoti e i tre pronipoti, l' importante traguardo anagrafico. E da Palazzo Zanca arrivano gli auguri e la solidarieta' della Giunta comunale messinese. L' assessore ai Servizi Sociali, Maria Celeste Celi, a nome dell' amministrazione comunale ha inviato a Rappazzo gli auguri della citta' e con questi il "grazie" simbolico di milioni di appassionati del grande schermo.

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IL Film Sonoro di Giovanni Rappazzo

Una sera, sul finir di una lunga estate siciliana, alcuni anni dopo il terremoto del 1908, all’Eden Cinema Concerto di Messina, si stava proiettando un vecchio film muto, genere tragico-passionale, così denso di scene a forti tinte da commuovere fortemente i numerosi spettatori che affollavano la grande platea: ormai non si contavano più quelli che avevano i fazzoletti intrisi di calde lacrime.

L’Eden Cinema Concerto era un locale costruito nel 1912, dove prima si coltivava un orto, a fianco del viale San Martino, fra i baraccamenti del quartiere Lombardo; nella cabina di proiezione, si dava da fare, quale operatore dilettante, un giovane studente : Giovanni fratello del proprietario Luigi Rappazzo.

Mentre era intento a sorvegliare l’arco voltaico del proiettore, udiva, provenienti dalla sala, solo le struggenti note del violino di una piccola orchestra, che tentava di accompagnare a modo suo le scene del film; tutto filava liscio come l’olio…quand’ecco, improvvisamente, senza che nulla lo facesse presagire, dalla sala si levò un uragano di urla, fischi ed improperi; Giovanni, con la fronte madida di sudore, temendo l’arrivo di un nuovo cataclisma, si catapultò a guardare dallo spioncino, e vide che sullo schermo le immagini venivano proiettate capovolte e che l’azione si svolgeva all’incontrario: un tratto di pellicola era stato montato in maniera maldestra. Per porre fine a quel pandemonio infernale si dovevano mettere rapidamente le cose nel loro giusto verso; e così, dopo qualche minuto di lavoro, trascorso con comprensibile frenesia, la proiezione poteva riprendere nella silenziosa commozione degli spettatori,…sempre accompagnata dall’inesorabile violino, suonato adesso con rinnovato struggente languore.

Contrariamente a quanto avveniva nella buia sala, dove tutto era tornato nella normalità, in quel momento, qualcosa si era fatta luce nella mente del nostro operatore – studente: improvvisamente gli era balenata un’idea, ecco…quel trambusto indiavolato, quelle voci, quei suoni si potevano far provenire dalla stessa pellicola! Fu l’istante magico che segnò l’inizio degli studi, delle sperimentazioni, delle speranze e delle delusioni di Giovanni Rappazzo per il suo film sonoro.

Nato a Messina il 15 ottobre 1893, trascorse l’infanzia nella città natale, successivamente si trasferì a Genova dove il fratello Luigi gestiva un’ attività commerciale e dove, ricorda nelle sue memorie, faceva funzionare con un ventino, sotto i portici di via 20 Settembre, il Kinetoscope di Edison. Nel 1909, un anno dopo il terremoto, che aveva portato nella città dello stretto morte e distruzione, vi ritornò con il fratello, ricongiungendosi con la famiglia, che, fortunatamente sopravvissuta al disastro, era bisognevole di aiuto.

In quegli anni, oltre a fare l’operatore dilettante all’Eden Cine Concerto, s’era iscritto alla R. Scuola Tecnico Industriale "Verona-Trento" Sezione Elettromeccanica. L’acquisizione scolastica di nozioni teorico-pratiche e l’innata curiosità lo spinsero inoltre ad attrezzare un locale per riparazioni e sperimentazioni chiamato C.G.S. In questo laboratorio, armeggiando con microfoni, cuffie, macchine da presa e proiezione, ebbe la conferma circa la fattibilità dell’idea di sonorizzare una pellicola cinematografica con l’impressione fotografica di una colonna sonora e la rivelazione mediante cellula al selenio. I risultati ottenuti erano tutt’altro che perfetti, solo rumori, voci o suoni spesso indistinguibili, ma il Rappazzo sentiva che quella era la strada giusta da percorrere. Si rendeva anche conto che solo con una continua e seria sperimentazione, che avesse messo in campo gli ultimi ritrovati della tecnica, si sarebbero potuti ottenere risultati tali che la sua invenzione avrebbe avuto tanto successo da soppiantare il cinema muto.

Dopo il diploma si impiegò nella Società Elettrica della Sicilia Orientale, ma ben presto, nel 1917, constatando che a Messina, ancora ferita dal terremoto, non avrebbe potuto avere alcuno aiuto tecnico- finanziario, si trasferì a Milano dove lavorò in vari stabilimenti come la Brown Boveri e la Marelli di Sesto San Giovanni, tutte impegnate nello sforzo bellico.

In quel periodo iniziò a cercare industrie italiane che lo potessero aiutare nella realizzazione della sua invenzione, ma tutti i tentativi fatti con la Cines, con la Fumagalli ed altri non ebbero alcun esito: c’era la guerra e tutto poteva essere riproposto a tempo debito. Alla fine del 1918 si mise in contatto con i francesi della Gaumont e della Pathè Freres alle quali espose le linee di principio della sua invenzione. Le case francesi si dimostrarono interessate e cercarono di conoscere notizie più dettagliate che il Rappazzo non poté fornire in quanto la sua invenzione non era ancora coperta da brevetto: " …nous vous prions de bien vouloir nous envoyer, en communication, les brevets concernant votre invention. ", scriveva la Pathè il 13 gennaio 1919.

E’ dopo quel periodo che in Germania e negli Stati Uniti iniziarono studi sistematici per la sonorizzazione ottica della pellicola da film: da tempo si era tentato di sincronizzare il disco fonografico al film muto ma i risultati non erano stati esaltanti, anzi, il più delle volte risibili.

A metà del 1919 il Rappazzo si trasferì a Genova, dove trovò impiego nella Società G. Ansaldo di Sampierdarena Campi: il suo intento adesso era quello di perfezionare il suo sistema prendendone i relativi brevetti. Nella "Città della Lanterna" aprì delle scuole serali operaie e successivamente iniziò ad impiantare a Cornigliano Ligure una scuola di avviamento alla cinematografia sonora.

Il 1920 fu l’anno in cui sposò una conterranea di Messina e preparò i brevetti che vennero presentati alla R. Prefettura di Genova a partire dal 17 febbraio 1921, il primo dei quali n° 195883 e completivo 199022 si chiamava Fonofilm, ovvero Pellicola cinematografica portante la voce fotografata. La pellicola era da 35 mm e portava due tracce sonore, che i tecnici successivamente avrebbero definito a densità variabile, modulate dalla corrente di due circuiti microfonici separati: si era ad un passo dalla stereofonia. Inoltre il brevetto prevedeva che la pellicola dovesse essere impressionata e successivamente proiettata ad una velocità conveniente, infatti il Rappazzo aveva intuito che la velocità di 16 fotogrammi al secondo non era adatta per una perfetta riproduzione del sonoro: avrebbe dovuto lavorare ancora per modificare l’esistente, sostenuto da un forte aiuto finanziario.

E’ da rilevare che l’attestato di privativa industriale venne concesso il 6 settembre 1921 dal Ministero per l’Industria, il Commercio e il Lavoro dell’epoca come Pellicola ad impressione contemporanea di immagini e suoni. La parola Fonofilm, che indicava la pellicola sonorizzata nella domanda iniziale di brevetto, non venne accettata dall’Ufficio Brevetti in quanto Film era una parola straniera! La denominazione Fonofilm (Phonofilm) sarà poi adottata dall’inventore americano Lee De Forest, che, applicando al sistema il suo triodo amplificatore, proietterà alcuni film al Rivoli di New York nel 1923.

Il secondo brevetto portava il n° 195884 e venne presentato alla R. Prefettura di Genova il 19 febbraio 1921 con la denominazione: Rivelatore elettrico di suoni per cinematografia o valvola fotoelettrica. Si trattava di un fotodiodo in cui il selenio metallico, colpito dalla luce modulata dalla colonna sonora, variava la sua resistività. Il fotodiodo era progettato in modo da poter regolare una corrente abbastanza intensa per un altoparlante posto alle spalle dello schermo sul quale venivano proiettate le immagini.

Molto s’è detto circa questo rivelatore al selenio del Rappazzo usato come valvola fotoelettrica, cioè elemento sostitutivo della cellula fotoelettrica, già da tempo sperimentata in campo cinefonografico e in campo militare (Lauste e Case). La cellula fotoelettrica è generatrice, se colpita da una luce modulata nella colonna sonora, di un segnale, che per essere sentito in altoparlante deve essere opportunamente amplificato in un circuito con valvole termoioniche come nel Phonofilm del De Forest. Il Rappazzo invece usò un fotodiodo di sua concezione come una valvola regolatrice di una corrente erogata da una batteria; questa regolazione era funzione della luce modulata proveniente dalla colonna sonora e così, come alcuni sostengono, sostituì il complesso di valvole termoioniche con il cosiddetto solid state: una specie di circuito che, in nuce, precorre, anche se in modo imperfetto, la rivoluzione dei transistor avvenuta dagli anni 50’ in poi.

Ulteriore richiesta di brevetto avvenne 11 maggio 1921 e porta il n° 43/17 con la denominazione "Vibratore Fono-Elettrico": un sistema a microlampade ad incandescenza a bassa inerzia termica, dotato di focalizzazione puntiforme su microfessura, pilotato dalle correnti microfoniche, adatto a tracciare sulla pellicola due colonne sonore a densità variabile . Di quest’ultimo brevetto, di cui il Rappazzo conservò gelosamente le ricevute di deposito, è scomparso il Registro dei verbali di deposizione dei documenti da brevettare n°43/17 dall’Ufficio della proprietà intellettuale della R. Prefettura di Genova e la stessa documentazione è scomparsa, dall’Ufficio centrale brevetti di Roma.

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Il Rappazzo continuò a proporre la sua invenzione, che nel complesso era chiamata Elettrocinefono, sia in Italia che all’estero; suscitò anche l’interesse della stampa, in particolare in due articoli, il primo dei quali, apparso sulla " Scienza per tutti " del 15 aprile 1921 Invenzioni italiane brevettate ( vedi figura ), descriveva seppur sommariamente, il sistema; il secondo, del 20 maggio 1921, compariva sul "Corriere degli Italiani" di New York con il titolo: " L’invenzione del film sonoro fatta da un italiano ", suscitando sicuramente l’interesse degli addetti ai lavori d’oltreoceano. Da far rilevare che New York era la culla delle ricerche sul film sonoro condotte dall’inventore americano Lee De Forest, con la collaborazione di Case e Sponable, inventori della cellula fotoelettrica Thalofide. Essi nel 1922 produssero una lampada ad incandescenza chiamata AEO light, che rese possibile una accettabile registrazione sonora. L’idea del Rappazzo si concretizzava in America qualche anno dopo.

Con il Tri-Ergon tedesco un sistema simile a quello del Rappazzo, con la miglioria di un volano per uniformare la velocità della pellicola, venne proiettato un film all’Alhambra di Berlino, nel settembre del 1922. I diritti della Tri-Ergon vennero acquistati da William Fox nel 1927. Sarà il Fox, che, funzionando da collettore di tutti i brevetti dell’epoca e con il notevole supporto dell’industria americana, raccoglierà, con il suo Movietone, i primi frutti del sonoro su pellicola . Questo sistema, con ulteriori perfezionamenti, soppianterà il Vitaphone, sonoro su disco grammofonico, dei fratelli Warner, il cui primo film fu, com’è noto, " Il cantante di jazz " del 1927.

Ma ritornando al 1921, il Rappazzo, dopo aver brevettato, iniziò una nutrita corrispondenza con costruttori italiani e stranieri, nella quale venivano anche allegati spezzoni di pellicola sonorizzata, estratti di progetto e disegni. La prima industria alla quale si rivolse fu la "S:Giorgio" di Sestri Ponente, seguita dalla "Marconi", ma tutti i tentativi di industrializzazione non ebbero alcun esito: il film sonoro non interessava più nessuno. L’industria del muto, e di questo se ne accorgerà anche il De Forest nel 1923 con il suo Phonofilm, non aveva alcuna intenzione di cambiare: il sonoro era giudicato dispendioso ed inesportabile ed inoltre in quegli anni gli altoparlanti non erano abbastanza potenti per un impiego in una sala cinematografica. Gli spettatori preferivano il muto con orchestra "live"; il resto era semplice e non sempre godibile curiosità.

In Italia il 1921 fu caratterizzato da fortissime turbolenze politiche con la chiusura di diversi stabilimenti che non avevano più le commesse di guerra. I corsi operai divennero così anemici che dovettero essere chiusi, come pure la scuola per il cinesonoro. Il Rappazzo, che lavorava all’Ansaldo, venne licenziato, trovandosi all’improvviso senza sostegni economici. Con la famiglia lasciò la Liguria nel gennaio del 1922, rientrando a Messina, dove sperava di ottenere degli appoggi economici per continuare la sua battaglia. Ma ben presto dovette rinunziare: non riuscì a rinnovare i brevetti e così fu costretto ad abbandonare quello che era stato il grande sogno di far nascere una industria cinematografica tutta italiana, con la creazione di tante opportunità, cosa che invece puntualmente fecero gli americani con i Warner e i Fox, seguiti da tutte le altre case cinematografiche hollywoodiane che svilupparono un’industria che fu la prima negli Stati Uniti e nel mondo.

Nel 1924 il Rappazzo ottenne l’incarico di insegnante all’Istituto Tecnico Industriale di Cagliari. Dopo la guerra, tornato con la famiglia a Messina, insegnerà all’Istituto Industriale "Verona - Trento" fino al 1964.

In tutto questo periodo, e fino alla sua scomparsa, non cessò mai di rivendicare riconoscimenti per la sua invenzione, producendo un film documentario e scrivendo anche dei libri, che sono un esempio tangibile di uno stato d’animo pieno d’amarezza.

La stampa nazionale gli ha dedicato moltissimi articoli ed anche in televisione sono apparse alcune sue interviste; memorabile la sua presentazione fatta nel Teatro Greco di Taormina da Enzo Tortora, durante un Festival del Cinema, dove il Rappazzo ricevette un interminabile applauso. Il suo nome appare sul dizionario Melzi quale pioniere della cinematografia; in effetti fu il primo in Italia a brevettare un sistema con pellicola con colonna sonora e rivelazione fotoelettrica, divulgato anche all’estero fin dal 1918. Ha ottenuto riconoscimenti internazionali, come pure è stato insignito con la nomina di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. Si ricordano, del Rappazzo, altri brevetti e numerosi studi, quali la Focalità ottica variabile, la Cellula bidirezionale per lo sfruttamento delle correnti marine e alcuni progetti di Attraversamento stabile dello Stretto di Messina.

Giovanni Rappazzo è morto nell’aprile del 1995; le sue spoglie riposano, accanto a quelle della diletta consorte, nel cimitero monumentale di Messina.

Giuseppe La Farina

       

 Giuseppe La Farina

Venuto al mondo in una modesta casa il 20 luglio 1815, secondogenito di Anna Muratore e Carmelo La  Farina, a 14 anni si dedica allo studio della filosofia, matematica e fisica, lingue straniere, lettere italiane e latine. Si laurea in Giurisprudenza ad appena 20 anni all'Università di Catania ed esercita, con scarso interesse, l'attività di avvocato. Si dedica invece, con entusiasmo, agli studi storici e letterari pubblicando un considerevole numero di articoli, saggi, recensioni, racconti, poesie e scritti politici, soprattutto sui giornali messinesi. Accusato di partecipazione sovversiva al movimento rivoluzionario antiborbonico, nel 1837 è costretto da proscritto a lasciare Messina per rifugiarsi a Firenze, spostandosi verso la fine dell'anno a Roma.

Rientra nella sua città nel marzo del 1838  beneficiando di un'amnistia, ma i suoi mai sopiti ideali di libertà lo portano ad assumere la carica di rappresentante dei comitati segreti di Messina. Nell'agosto del 1841 ritorna a Firenze dove resterà fino al febbraio del 1848, per tornare quell'anno a Messina in piena rivolta antiborbonica, dove viene nominato vice presidente per il comitato di guerra, colonnello dell'undicesimo battaglione dell'esercito siciliano  ed eletto deputato nel nuovo parlamento di Palermo. Il 24 settembre del 1848 diviene ministro della Guerra e dopo il fallimento della rivolta isolana, riprende la via dell'esilio in Francia.

Nel 1854, a Torino, incontra Cavour del quale diviene uno dei più fidati collaboratori e insieme a Daniele Manin e Giorgio Pallavicino Trivulzio, costituisce la Società Nazionale Italiana con lo scopo di realizzare l'idea annessionistica . Eletto, nel 1861, deputato al primo Parlamento italiano in ben sei collegi, accetta l'incarico di vice-presidente della Camera e partecipa anche attivamente ai lavori del Consiglio di Stato, di cui fa parte.

Muore alla prematura età di 48 anni, il 5 settembre 1863 e viene sepolto a Torino fra le tombe di Vincenzo Gioberti e Guglielmo Pepe. Il 22 marzo 1872, le sue spoglie vengono trasportate a Messina, dove riposano nel Gran Camposanto, nel Famedio degli uomini illustri. Dell'intensa attività letteraria di La Farina, vanno ricordati la guida " Messina ed i suoi Monumenti" (1840); " Studi storici sul secolo XIII " (1842); " L'Italia coi suoi monumenti, le sue rimembranze, ed i suoi costumi" (1842); " Storia d'Italia narrata al popolo italiano. 568-1815" (1846-54); " La Storia d'Italia dal 1815 al 1850" (1851-52) e " L'Italia dai tempi più antichi fino ai giorni nostri" (1856-63).   

Giuseppe Seguenza

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Giuseppe Seguenza

Nato a Messina l'8 giugno del 1833, i primi rudimenti della letteratura italiana e le prime nozioni di geografia e aritmetica le apprende alla scuola del prof. Antonino Caglia Ferro. Prosegue gli studi di letteratura italiana con un altro insegnante d'eccezione, il sacerdote Andrea Vayola, uno tra i più celebri latinisti dell'epoca e professore di lettere latine e greche al " Maurolico". Intanto, fra la disapprovazione dei parenti che preferivano si occupasse maggiormente delle discipline relative alla professione di farmacista ( il padre, Luigi, era un farmacista rinomato  in città e la farmacia esiste ancora oggi, in Largo Seguenza), Giuseppe Seguenza s'interessava di mineralogia, e, nel 1854, frequentava il corso di scienze naturali all'Università di Messina. Due anni dopo, portava a compimento i suoi studi sulle emissioni vulcaniche dell'isola di Vulcano e sui minerali dei giacimenti metalliferi di Fiumedinisi. 

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Furono i due lavori che lo lanciarono nel gotha dei naturalisti italiani ed esteri e ne diffusero talmente la fama, da essere proclamato socio in diverse, esclusive ed autorevoli accademie. Nel 1863 dà alle stampe, a Torino, il suo importante studio " Disquisizioni paleontologiche intorno ai corallarii fossili delle rocce terziarie del distretto di Messina", pubblicato quando era professore reggente  alla cattedra di Storia Naturale  nel Real Liceo di Messina.

L'illustrazione, poi, di un terreno terziario caratteristico  e molto ben sviluppato a Messina, che egli chiamò " Zancleano", gli valse l'assegnazione di una medaglia  d'argento all'" Esposizione universale"  di Parigi nel 1867. Con la pubblicazione di una delle sue più insigni opere, relativa ai " Cirripedi terziarii dell'Italia meridionale", otteneva l'ambitissimo e prestigioso premio  Wollaston dalla Società Geologica di Londra e, successivamente, l'Accademia dei Lincei  dava alle stampe due sue opere fondamentali: " Cretaceo medio dell'Italia meridionale" e " Lo Stretto di Messina studiato nella sua costituzione  e nelle sue fasi geologiche".

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Professore di Geologia nella Regia Università di Messina, direttore del "Regio Gabinetto geologico messinese" presidente della Regia Accademia Peloritana, socio onorario di quasi tutte le Accademie d'Italia, Giuseppe Seguenza muore a Messina, ad appena cinquantasei anni, il 3 febbraio 1889  e viene sepolto al Gran Camposanto nell'ipogeo del Famedio degli illustri messinesi.   

Maria Costa

 

Maria Costa

Nata e vissuta nel rione della Case Basse di Paradiso, nelle sue poesie in dialetto messinese custodì e cantò la memoria collettiva della città dello Stretto distrutta da un catastrofico terremoto nel 1908.

I suoi versi sono raccolti in diversi volumi tra i quali Farfalle serali (1978), Mosaico (1980), 'A prova 'ill'ovu (1989) e Cavaddu 'i coppi (1993).

La sua figura fu celebrata nel cortometraggio “Come le onde” del giovane regista messinese Fabio Schifilliti.

Nel 2006 il suo nome fu iscritto nel registro dei “Tesori Umani Viventi” dall'Unità Operativa XXVIII – Patrimonio UNESCO, Registro Eredità Immateriali della Regione Siciliana.

Muore a Messina il 7 settembre 2016.

Mino Licordari

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Mino Licordari (1942 - 2016) Avvocato, giornalista publicista, conduttore telervisivo.

 

E' scomparso improvvisamente il giornalista Mino Licordari. Aveva 73 anni, a stroncarlo un infarto che non gli ha lasciato scampo. Questo l'annunzio di RTP  il 21 marzo 2016.

Era nato in Calabria ma considerava Messina come sua città natale difendendola da tutto e da tutti. Era un uomo politicamente libero rifiutando più volte la sua candidatura a sindaco della città  

Mino Licordari avvocato e giornalista nasce 5 aprile 1942 a Reggio Calabria ma si trasferisce giovanissimo a Messina con i genitori. 

Si laurea in giurisprudenza all’Università di Messina il 30 giugno 1965. Giornalista professionista dal 7 gennaio 1969. Viene assunto al Corriere dello Sport ma il clima e la lontananza dalla sua Messina lo convincono, dopo 5 anni, ad optare per la carriera forense, senza trascurare l’amore per il calcio.

Si iscrive all’albo degli avvocati il 18 marzo 1972.
Dopo aver avviato l’attività forense si iscrive all’ordine dei giornalisti di Sicilia diventando pubblicista il 7 novembre 1978.

Ha contribuito alla fondazione di RTP, Radio Televisione Peloritana, ed è stato il primo volto ad apparire sulla tv locale messinese il 19 luglio 1976. Nei primi anni di attività televisiva, ha lanciato programmi di grande successo, da “Avanti un altro” a “In bocca al serpente” nei locali di via Garibaldi nel Palazzo Carrozza.

Il suo punto di forza era la partecipazione della gente riuscendo a coinvolgerla chiamandola a intervenire nelle trasmissioni televisive negli anni in cui la tv aveva solo i primi due canali della Rai.

E’ stato il primo in assoluto, nella storia della televisione italiana, a far partecipare gli sponsor nella presentazione dei loro prodotti nelle sue trasmissioni.

Alla fine degli anni 80 lascia RTP per trasferirsi a Telespazio, altra emittente locale cittadina, dove ha ideato e condotto molti programmi di successo. In una delle sue trasmissioni, “Microfoni Aperti” ha dato la possibilità ai cittadini di presentarsi in tv e denunciare ciò che non andava, in città. Poi una breve avventura in un’altra tv della città, “Teletime”.

Nel 1982 passa alla TV regionale “Telecolor”, per condurre un programma sportivo che metteva insieme tutte le realtà calcistiche dell’isola. Cinque anni a Catania, prima di fare ritorno a Messina per un’altra entusiasmante avventura: il lancio nell’estate del ’98 della nuova emittente “Vip tv”, della quale insieme all’amico e collega Fabio Mazzeo è stato, sostanzialmente, uno dei fondatori. Intrattenimento, cronaca e sport si incrociavano nel palinsesto della televisione, capace di insidiare la leadership della storica Rtp e di entrare nel cuore dei messinesi. “Palle, Pallini e Palloni” ha accompagnato il lunedì sera la grande scalata del Messina fino alla serie A, insieme a un numero incredibile di trasmissioni ideate da lui e condotte da giovani giornalisti, diventati oggi stimati professionisti. Nel 2005 l’addio a Televip e il passaggio a Tele Cine Forum, altra emittente cittadina, cresciuta nel corso degli anni proprio grazie al suo arrivo e alla nascita di nuovi programmi di intrattenimento  come ”La Testa nel Pallone”, “Domani è un altro giorno” e “Liberi e Forti” . Queste trasmissioni sono diventate punti di riferimento per i telespettatori appassionati di cultura, attualità e storia della città. Nello stesso tempo, “Sport Domenica” ha seguito le gesta del Messina negli anni della serie A e raccontato il calcio in modo diverso. Nel 2013 il ritorno a RTP per una nuova avventura con “Messina c’è”, programma che riprendeva l’idea di “Liberi e Forti”.

La mattina,del giorno della sua morte, era stato al Tribunale di Caltanissetta per una causa. Rientrando,dopo essere andato allo studio alle ore 16,  si è ritirato a casa e qui dopo un'ora il tragico destino lo ha colpito inesorabilmente.

Lucio D’Amico (Gazzetta del Sud) così scrive:

Immaginare la tv messinese senza Mino Licordari è impossibile. È stato lui, artefice di mille trasmissioni su Rtp e su altre emittenti locali, l’inventore di una televisione che qualcuno ha definito “nazionalpopolare”, ma che per decenni è entrata nelle case dei messinesi, come un’amica di famiglia. La città piange la scomparsa, a 73 anni, a causa di un infarto fulminante, di uno dei suoi personaggi più noti e più cari, avvocato di lungo corso, giornalista impegnato su tutti i fronti ma soprattutto sul versante sportivo. Il suo nome è indissolubilmente legato agli anni d’oro del Messina calcio, quel periodo sofferto e magico di Massimino presidente e Franco Scoglio allenatore. Le sue telecronache sono passate alla storia, il suo “urlo d’amore” (“Il Messina è in serie B”) ripetuto venti-trenta volte consecutive nel giorno della promozione dalla terza serie. E poi il periodo della serie A, il grande sogno, l’illusione durata poco ma rimasta impressa nei cuori e nelle menti di generazioni di tifosi giallorossi.

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Mino Licordari era davvero l’amico della porta accanto, l’uomo che sapeva intercettare le istanze della comunità, soprattutto quelle dei quartieri che spesso non hanno voce in capitolo.
Cominciò la sua carriera giornalistica alla Tribuna del Mezzogiorno, all’inizio degli anni Settanta, occupandosi di basket. Poi, scelse la professione forense ma gli rimase sempre la passione per il giornalismo. Per oltre 40 anni è stato corrispondente del Corriere dello Sport. Nel 1976, poche settimane dopo la nascita di Rtp, cominciò le sue trasmissioni, che furono quelle di “punta” della Radiotelevisione peloritana, in particolare “Avanti un altro”.

Uno spazio televisivo aperto a tutti, “rivoluzionario” nel suo genere, una sorta di “arena” nella quale qualsiasi cittadino poteva intervenire, raccontando le speranze, i problemi, le angosce dei nostri quartieri e villaggi. Cambiata la proprietà, lasciò Rtp ma continuò a condurre trasmissioni sportive e di impegno sociale, a Catania e nella nostra città. Poi, di recente, nel 2012-2013, il gran ritorno a Rtp con la sua “Messina c’è”, un ciclo di puntate andate in onda in diretta dall’auditorium della Gazzetta del Sud. La sua vita è stata segnata da un grande dolore, la morte dell’amata consorte, la giornalista pubblicista Mariella Ardizzone e anche dal drammatico episodio del 20 giugno del 1987, quando il sicario di un boss gli sparò contro alcuni colpi di pistola, ferendolo alle gambe.

Rosario Pasciuto (Gazzetta del Sud) così scrive:

Duomo gremito per l'ultimo saluto a Mino Licordari

E' finita con cori da stadio e invocazioni per Mino Licordari, il giornalista tifoso giallorosso per antonomasia da sempre nel cuore dei supporter del Messina. Neanche la forte pioggia ha scoraggiato gli ultrà. All'uscita del feretro dalla Cattedrale striscioni, fumogeni, applausi per colui il quale per primo ha aperto le porte degli studi televisivi ed i microfoni ai tifosi. Ma il Duomo era stracolmo per l'ultimo saluto all'uomo che 40 anni fa, contribuendo alla nascita ed all'affermazione di RTP, di fatto creò l'emittenza privata a Messina. In prima fila i figli Maurizio, nostro compagno di lavoro, Emanuela e Maria Francesca e la compagna Francesca.

Fra le navate tantissimi giornalisti, i colleghi avvocati, principale attività di Licordari, gli amici di sempre e tanta tantissima gente comune cresciuta con le sue trasmissioni, i suoi modi di dire, le telecronache ed i dibattiti nei quali aveva sempre il posto d'onore l'uomo della strada. Ma c'erano anche le autorità, il presidente dell'Ars Ardizzone e il sindaco Accorinti.
Sulla bara una sciarpa ed una maglia del Messina deposta da Giorgione uno dei calciatori presenti al funerale.

Perchè lui era un messinese che amava messina e la difendeva sempre contro tutto e contro tutti come ha sottolineata nell'omelia don Giuseppe La Speme. Pochi hanno amato Messina come lui -ha detto il parroco- con la stessa passione con cui amava il proprio lavoro. E poi un'esortazione ai messinesi a fare qualcosa per la propria città così come era solito fare Mino, un vulcano di idee sempre al servizio della comunità.

Quindi il ricordo dell'amico Niki Patti che ha lanciato la proposta di intitolare a Licordari la sala stampa dello stadio Franco Scoglio che con Mino era legato da sincera amicizia, il presidente dell'ordine degli avvocati Vincenzo Ciraolo, l'architetto Nino Principato compagno di tante battaglie televisive e Nino Di Bernardo del comitato Vara. Perchè fra le tante cose fatte Licordari ha pure ideato la telecronaca diretta della processione della Vara. Per questo l'applauso che ha accompagnato l'uscita del feretro dalla chiesa è più di un saluto. E' anche la certezza che questa città ha perso con lui un pezzo importante della sua storia.   

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Noi siamo testimoni oculari, e dal 1986 complici, dell'amore incondizionato tra Mino Licordari e Messina. Magari in silenzio, nel segreto di una stanza, in questi ultimi 30 anni, forse qualcun altro ha amato Messina quanto Mino. Ma nessuno ne era ricambiato come lui. E in questo c'è tutta la differenza di Mino con gli altri: Messina amava Mino. Ne siamo testimoni. Solo chi non lo ha conosciuto come noi può pensare che Licordari fosse un giornalista, un giornalista sportivo poi. Licordari non era solo un giornalista, un giornalista sportivo poi. E chi non lo ha conosciuto non provi a confinarlo in un'attività, in uno schema, neppure in un'astrazione creativa, in un'icona pop provinciale.

Licordari era semplicemente Licordari. Noi siamo testimoni di come con mezzi artigianali creasse ogni giorno la TV del futuro, ma siamo testimoni di come riuscisse soprattutto a fare di ogni voce della città una componente del coro Messina. Siamo testimoni di tutti i suoi "si" a chiunque volesse ascolto, i suoi "si"' a chi cercava la possibilità di raccontarsi, i suoi "si" a chiunque gli chiedesse un consiglio, i suoi "si" a chi avesse bisogno di una difesa legale e non aveva neppure le risorse per pagare la cancelleria, i suoi "si" alla richiesta di rinunciare a soldi per finanziare con la pubblicità da lui raccolta anche trasmissioni nuove, che non lo convincevano, ma che voleva comunque vedessero la luce, perchè c'erano ragazzi che reclamavano spazio e futuro. Ed era tutto da costruire.

Licordari parlava in messinese, pensava in messinese.

La sua sintonia con la città era totale, e noi ne siamo testimoni. Ci sarà modo di raccontare centinaia di aneddoti, quelli che abbiamo vissuto in comune, insieme a quelli che ciascuno di noi conserva individualmente. Perché Mino aveva il talento dei rapporti, conosceva le persone, sapeva come e quando parlare a uno; e come e quando parlare a una comunità, fosse la redazione, fosse tutta Messina.

Licordari è la diretta della Vara, il calcio che passa dal racconto delle sfide al racconto degli uomini, è la cronaca di una città che interessa tutti se solo sai raccontarla, è la politica spiegata alla signora Maria "perché a lei che ha la quinta elementare e non ha tempo neppure per respirare devi dire quello che hanno deciso quegli scienziati", e' lui "leva sta parola chi ti capisciunu in tri", e' lui che dice "quello è troppo ricco per capire", è lui che dice "la città è di tutti ma se non glielo ricordi ogni giorno con un servizio poi finiscono col dimenticarlo" è lui che si affaccia al balcone e dice "ma quanto è bella Messina".

Oggi Licordari perde la sua amata, ma noi siamo sicuri che la sua amata non voglia perderlo.

Per questo chiediamo che un angolo, una strada, una piazza, porti il nome di Mino Licordari. Anzi, non è questo un fatto nostro personale, è Messina a chiederlo. Ancora oggi noi messinesi doc stiamo aspettando...qualcosa che, sono convinto, non arriverà mai non per cattiveria ma per disattenzione.

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Fabio Mazzeo (Coordinatore attività ufficio stampa AIFA) così scrive:

Ehi Mino, ti ricordi? Sei stato il primo a darmi una possibilità, mi hai chiamato insieme a Giorgio Germano' per dirci "ma si, fatela questa cosa delle interviste di notte. In effetti, chi lo sa come vivono quelli che di notte lavorano o vanno in strada, panettieri e puttane. Siete voi che potete fare questa cosa". Ed è così che mi hai consegnato il primo microfono per intervistare. E poi Mino, ti ricordi mi hai regalato una Olivetti, che ancora conservo, e mi hai detto "ti servirà". Mi hai dato un' opportunità in ogni tua trasmissione, mi hai dato la possibilità di scrivere sul Corriere dello Sport, insieme siamo andati a Telecolor per un pezzo di strada che poi ci ha riportato a casa, con una televisione che abbiamo costruito insieme, Vip. Li, Mino, ci hai fatto due scherzi. Il primo proprio mentre preparavamo l'apertura, quel tuo cuore grande grande affaticato da lavoro e sigarette. Ci hai fatto prendere uno spavento allora, Antonio era neonato. E festeggiavamo l'idea dei manifesti "e' tornata la TV", sai che reazioni.

E tu che mi hai voluto sul quel manifesto. Io accanto a te, uno dei tanti come me e il numero 1 delle emittenti locali, in manifesti a Messina, la città che tu hai rappresentato come nessuno. Le tue dirette della Vara, le tue telecronache... Numero 1. E non a Messina. Il numero 1 in Italia. Anticipatore di tutto e di tutti. Ehi Mino, ovviamente non diciamo a nessuno dei nostri scazzi. Qualcuno potrebbe sentirci e non è il caso. I panni sporchi li abbiamo lavati sempre in famiglia. Sì perché siamo stati una famiglia. Litigiosa, calorosa, affezionata, colorata, rumorosa, fantasiosa...

Avrò modo di perdonarti per questo contrattempo che ci impedirà di farci gli auguri di Pasqua. Ma tanto, ci rivediamo. Grazie di tutto te l'ho già detto tante volte, pubblicamente e al termine di centinaia di discussioni infinite. Te lo ridico perché non è mai abbastanza.
 
 

Natale Masuccio

Natale Masuccio

Nato a Messina nel 1561 , entra nell'Ordine di Sant'Ignazio di Loyola nel 1580 dove si dedica agli studi di architettura, perfezionati e completati a Roma, una prima volta nel 1586 e, una seconda volta, tra il 1597 ed il 1599. La Compagnia di Gesù, presente in Sicilia sin dal 1548, quando i Gesuiti giungevano a Messina richiesti dal Senato che assegnava loro edifici e la chiesa di San Nicolò dei Gentiluomini, era un'autentica fucina di cultura ed una scuola di architettura il cui programma edilizio tendeva, principalmente, alla costruzione di chiese e collegi dell'Ordine.

Al ritorno da Roma, dove aveva avuto anche modo di intraprendere gli studi di ingegneria idraulica, nel 1599 la nave sulla quale si trova viene abbordata dagli empi Saraceni e Masuccio, insieme ad altri compagni, trasbordato sulla feluca corsara e destinato ad un'infame vita di schiavitù. Ma l'insperato arrivo di galere con la rossa croce dell'Ordine di Malta salva tutti e Masuccio viene condotto nell'isola maltese. Qui riceve grandi accoglienze dal Gran Maestro Aloff de Wignacourt, cui era giunta l'eco della sua fama come architetto. Il Gran Maestro lo incarica di progettare e realizzare un imponente acquedotto, un'opera colossale ed irta di difficoltà che lo impegnerà sino al 1610.

Nominato architetto ufficiale della Provincia gesuitica in Sicilia, gli vengono affidati i lavori per le modifiche dei collegi di Mineo presso Catania (1600-1602) e di Caltanissetta (1602 – 1603 ), entrambi in corso di costruzione.  Ancora a Trapani, progetta la splendida chiesa del Collegio gesuitico.

A Palermo, nel 1603, opera sostanziali trasformazioni nella chiesa del Gesù o Casa Professa che era stata costruita nel 1564, su progetto di Giovanni Tristano e nella sua città, Messina, dal 1604 al 1608 innalza il magnifico Collegio del suo Ordine con annessa chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Il Senato messinese non manca di sfruttare le sue straordinarie competenze d'ingegneria idraulica e gli commissiona, nel 1611, il collegamento dell'acquedotto di Camaro divenuto insufficiente per le esigenze della città, con le sorgive del fiume Bordonaro. Alla fine di quell'anno, però, un violento contrasto con il Padre provinciale Giordano Corsino portò in breve alla sua espulsione dall'Ordine, nel 1616, con l'obbligo di risiedere a Messina. Dove morirà in un torrido giorno d'agosto del 1619, con la sola  soddisfazione  di aver potuto vedere inaugurato il suo acquedotto, il sabato Santo del 1617, ed aver gettato la prima pietra  del monumentale Monte di Pietà, ancora oggi onore e vanto della sua città, Messina.