Salvatore Pugliatti

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Salvatore Pugliatti (1903 - 1976)

Salvatore Pugliatti, “…un vero uomo del Rinascimento – come ebbe a scrivere nel 1942 l’insigne giurista Arturo Carlo Jemolo – multicorde, come ben di rado ne vede il nostro tempo ed ancor più di rado il nostro mondo universitario”, nasce a Messina il 16 marzo 1903. Nel 1917 si iscrive all’Istituto Tecnico “A.M.Jaci” di Messina dove consegue il diploma di ragioneria nel 1921. Fra i suoi compagni di scuola, Giorgio La Pira, l’editore Antonino Giuffrè e Salvatore Quasimodo, caro amico di tutta un’esistenza. Inizia a lavorare e studia da autodidatta, ottenendo la licenza liceale che gli consente di iscriversi all’Università e laurearsi in Giurisprudenza nel 1925.

Collabora intensamente con le più importanti riviste letterarie italiane, “Solaria”, “Fiera Letteraria”, “Circoli”, “Il Secolo nostro”, per le quali Pugliatti scrive saggi memorabili di critica letteraria rimasti ancora oggi insuperati. Nel 1932, su “Solaria”, appare il suo saggio “Interpretare la poesia” che insieme ai tantissimi di estetica e critica musicale, di musicologia, linguistica e filosofia del linguaggio, logica ed epistemologia, riveleranno a tutti la sua grande cultura da autentico umanista d’altri tempi.

Eletto preside della Facoltà di Giurisprudenza nel gennaio del 1934, pubblica nel 1940 il volume “L’interpretazione musicale” e nel 1942 “Canti di primitivi”, contributi fondamentali nel settore della musicologia. Coltiva interessi nel settore letterario in genere, nelle arti plastiche e figurative, numismatica, arti orientali, archeologia e la sua produzione scientifica, sempre di altissimo livello, si arricchisce di ben centotrenta opere giuridiche ed oltre centosessanta scritti di letteratura, musicologia e critica d’arte. Frequenta la libreria dell’”Ospe” di Antonio Saitta a piazza Cairoli, punto d’incontro degli intellettuali messinesi e non, fucina di iniziative culturali che vedono in Pugliatti una figura di spicco. Nel 1953 è presidente del Comitato esecutivo della prima, grande mostra messinese dedicata ad “Antonello e la pittura del ‘400 in Sicilia”.

Eletto Rettore dell’Università di Messina nel 1956, carica che ricoprirà per venti anni fino alla sua morte, in tale veste rilancia l’Ateneo dal punto di vista della didattica, delle infrastrutture e della cultura, creando una rilevante collezione di pittura e scultura, curando le attività del Centro universitario teatrale e del Centro universitario sportivo. Nel 1968 pubblica “Le musicae traditiones di Francesco Maurolico” ed inizia un approfondito studio su “Semanticità della musica” che rimarrà, purtroppo, incompiuto a causa della sua morte avvenuta il 22 maggio del 1976.

Tano Cimarosa

 

                                                                             

                                                                                    

Tano Cimarosa, pseudonimo di Gaetano Cisco (Messina, 1º gennaio 1922 – Messina, 24 maggio 2008), è stato un attore, regista e sceneggiatore italiano.
Fratello dei meno conosciuti attori Michele e Giovanni, dalla natia Sicilia si sposta a Roma dove nei primi anni cinquanta del XX secolo inizia la carriera di attore impersonando quasi sempre lo stereotipo del siciliano medio, istintivo e sanguigno, dai ruoli comici a quelli drammatici.

La prima sua caratterizzazione di rilievo è quella del mafioso Zecchinetta ne Il giorno della civetta diretto nel 1968 da Damiano Damiani. In seguito compare accanto ad Alberto Sordi nel ruolo del padre di una numerosa famiglia ne Il medico della mutua (1968), nel ruolo di un emigrato in Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata (1971) e infine nel ruolo di una guardia carceraria in Detenuto in attesa di giudizio (1972). Magistrale è la sua apparizione in Pane e cioccolata (1974) di Franco Brusati, nel tragicomico ruolo dell'emigrato Gigi.

Negli anni settanta tenta anche la carriera registica, realizzando tre film: il thriller-erotico Il vizio ha le calze nere (1975), il poliziottesco No alla violenza (1977) e Uomini di parola (1981), quest'ultimo film sul mondo della mafia girato nella provincia messinese.

In anni più recenti è stata una presenza costante in alcuni film di Giuseppe Tornatore, Nuovo cinema Paradiso (1988), L'uomo delle stelle (1994), Una pura formalità (1995).

Negli ultimi anni è apparso anche in alcuni sceneggiati RAI e Mediaset, tra i quali ricordiamo Don Matteo nel ruolo di zio Carmelo, parente del maresciallo Cecchini (Nino Frassica).

Tommaso Cannizzaro

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Tommaso Cannizzaro

Nasce a Messina il 17 agosto 1838 da don Francesco, cancelliere archiviario del Comune e senatore della città e da Domenica Arena. Inizia giovanissimo a studiare, e, a soli quattordici anni, conosce il francese e la storia delle religioni. Dal 1854 al 1857 segue corsi di filosofia, economia politica e diritto razionale, studi formativi che completa con il suo viaggio, a 17 anni, a Palermo, Napoli, Bologna e Roma. Ritorna a Messina appena in tempo per abbracciare il padre che poco tempo dopo (1855), muore. Quel padre che ne voleva fare un prete o un avvocato ma, per il giovane irrequieto Tommaso, teologia e patristica, codici e pandette mal si adattavano al suo temperamento e così s'immerge in studi lunghi e disperati, letture continue particolarmente di opere poetiche di scrittori francesi, nella cui lingua egli stesso compone poesie, suscitando il plauso e l'ammirazione perfino di Victor Hugo, di cui diventerà uno degli amici più cari.

Dal 1864 al 1908 è un periodo d'intensa attività poetica e letteraria con pubblicazione di innumerevoli opere, proseguita anche se in tono minore negli anni della ricostruzione post-terremoto, a causa delle sue non floride condizioni economiche: " Foglie morte" (1882) che suscitò l'entusiasmo di Ada Negri; " Cianfrusaglie"(1884); "Epines et Roses" (1884), poesie scritte in francese; "Tramonti", "Uragani", "Cinis" (Cenere), "Quies" (Quiete),  "Vox Rerum"  (Voce delle cose) dove è raccolta la sua produzione poetica dal 1896 al 1899. Tra il 23 aprile ed il 29 agosto del 1900, Cannizzaro traduce per intero perfino la Divina Commedia di Dante in terzine siciliane, la prima nel nostro dialetto che fu stampata nel 1904 e dedicata a tutti i Comuni della Sicilia.

Solo e abbandonato da tutti (i sette figli erano morti ancora giovani, prima di lui), si spegne il 25 agosto 1921 e viene sepolto in una tomba modesta, presso l'ingresso principale del Gran Camposanto della sua città.