Ettore Castronovo

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Ettore Castronovo

Ettore Castronovo onorò la sua città, Messina, come scienziato di grande levatura; come instancabile ricercatore dei metodi per combattere i tumori attraverso la radioterapia, con l'applicazione, cioè, dei raggi  X; come uomo di cultura propositore di tematiche ed iniziative a favore dello sviluppo della sua terra; come umanista al servizio di chi soffre  e di chi non ha più speranze; come martire, infine, al punto da offrire alla scienza e al progresso della medicina le mutilazioni del suo corpo e l'olocausto della sua vita.

Primogenito di tre fratelli, Ettore Castronovo era venuto al mondo a Gesso il 21 gennaio 1894.  Gli studi universitari in Medicina li compì all'Università di Roma, presto interrotti per partire al fronte come volontario in fanteria, allo scoppio della Prima Guerra mondiale.  Laureatosi, poi, nell'Ateneo di Padova il 13 aprile 1917 e nominato ufficiale medico, raggiungeva ancora una volta i luoghi di combattimento con gli alpini, prima, e con le truppe italiane in Francia, poi, distinguendosi in atti di eroismo ed abnegazione. 

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La sua attività di radiologo all'ospedale militare di Messina ha inizio, nel 1918, con l'incarico di visitare i reduci che avevano fatto istanza per ottenere le pensioni di guerra e prosegue, nel 1921, nella Clinica medica dell'Università padovana, in qualità  di assistente. L'anno dopo ritorna nella sua città a dirigere il servizio radiologico nell'ospedale " Puglisi Allegra" e v'istituisce, primo a Messina, il laboratorio di Radiodiagnostica e Radioterapia dei tumori. Qui, opera intensamente a favore dei malati di cancro, per cinque anni, fino a quando riceve l'incarico d'insegnante universitario di Radiologia, nel 1927, all'Università  peloritana.

Prosegue, comunque, la sua attività umanitaria senza soste  all'Ospedale Piemonte , in una stanza angusta  e con un vetusto apparecchio " Corbino – Trabacchi " da riparare spesso col cacciavite, che Castronovo porta sempre nella tasca del camice. Nel 1928 ottiene la libera docenza universitaria, dopo aver acquisito fama internazionale per i numerosi studi scientifici pubblicati, soprattutto sulle impensate e poco sfruttate  applicazioni dei raggi X nelle diverse  patologie cancerose. E' nominato , nel 1947, presidente della sezione della Lega per la lotta contro i tumori e intanto non si risparmia sottoponendo il suo fisico ad uno stress continuo, lavorando molto e dormendo  solo poche ore, concentrato totalmente  nelle sue ricerche a scrutare il corpo umano ed a curarne le malattie.

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Colpito dalle radiazioni, pur consapevole dei gravi rischi che correva, nel 1948 perde il secondo ed il terzo dito della mano sinistra; l'anno dopo, gli viene amputato l'indice della mano destra e, nel '53, il quarto dito della mano sinistra. Le mani sono ridotte a due monconi piagati e viene sottoposto anche ad un intervento chirurgico di neoplasia all'ascella sinistra. Ma la metastasi del male, formatosi a causa delle radiazioni, è ormai diffusa in tutto il corpo e, così, il 30 maggio del 1954, il prof. Ettore Castronovo cessava di vivere, a 60 anni di età, vittima dello stesso male che aveva sempre lottato.   

Felice Bisazza

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Felice Bisazza   

Nasceva, a Messina, il 29 gennaio 1809. Educato alla scuola classica nel Real Collegio Carolino delle Scuole Pie, divenuto successivamente Convitto " Dante Alighieri", il giovane Felice  manifestava già allora il suo ardente genio poetico e la poca propensione per le scienze esatte e  speculative. Dal Collegio usciva a quindici anni, dopo aver concluso gli studi  e, secondo i progetti del padre, veniva avviato alla carriera forense. Ma non faceva per lui e ben presto, interrotto il praticantato nello studio del patrocinatore Giuseppe Benincasa, s'immergeva completamente nello studio dei classici sviluppando ben presto la sua genialità poetica.  Poco più che ventenne, usciva il suo primo volume di versi dal titolo " Saggi poetici" ed entrava nelle grazie di re Ferdinando II che lo decorava della croce di cavaliere e gli conferiva la cattedra di Letteratura Italiana nell'Università di Messina.

Fra le sue numerose opere, " Il Settentrione", " Leggende ed Ispirazioni" (1841), "Apocalisse" di S. Giovanni in versi (1838), il " corpus" della sua produzione poetica pubblicato nel 1874, a cura del Municipio messinese.

Felice Bisazza, da solo in Sicilia, ebbe una parte cospicua nel movimento letterario che allora ferveva in Italia, come all'estero, prodotto dalla collisione di due tendenze opposte: il " classicismo" ed il " romanticismo". Fu romantico nel senso pieno del termine, al punto da essere stato definito il " Manzoni della Sicilia".

Il 30 agosto 1867 moriva stroncato dal colera, e, sepolto nel cimitero dei colerosi a Maregrosso, le sue spoglie mortali venivano poi trasferite nel Gran Camposanto dove riposano nel Famedio degli uomini illustri.

Filippo Juvarra

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Filippo Juvarra

Settimo ed ultimo figlio del vecchio argentiere Pietro e della seconda moglie Eleonora Tufuris, Filippo Juvarra nasce il 27 marzo del 1678. Già in età precoce dimostra un grande amore per l'arte e frequenta il seminario messinese, presso il quale sarà ordinato sacerdote all'età di 25 anni. Studia da autodidatta i trattati di architettura e lavora nella bottega paterna realizzando raffinatissimi capolavori di arte orafa e argentiera, fra i quali un calice (1695), otto candelieri (1698) e altri due di gigantesche dimensioni e pregevole fattura  (1701) per il Duomo di Messina; due ostensori per la chiesa delle Giummarre a Sciacca (1697) e per quella di San Giorgio a Modica (1700).

Fino al 1703 rimane a Messina, dove realizza alcuni apparati festivi in onore di Filippo V di Borbone. L'anno successivo parte per Roma dove la sua attività è febbrile: vince il primo premio nel concorso clementino; disegna e progetta interventi architettonici; compone un volumetto di " pensieri scenici "; realizza interventi scenografici nel teatrino del cardinale Ottoboni e nel Teatro Capranica; progetta la facciata in San Giovanni in Laterano; viene eletto accademico di merito nella prestigiosa Accademia di San Luca.

Nel 1705 è a Messina, a causa della morte del padre, e, dopo un breve viaggio a Lucca per progettare ville, fontane e il Palazzo Pubblico, si trasferisce a Torino. Qui viene nominato "primo architetto civile"  al servizio dei Savoia e, dal 1715 al 1734, conferirà alla città la dignità architettonica, urbanistica e monumentale di "capitale europea". Fra le tante realizzazioni torinesi, le facciate delle chiese di S. Cristina e S. Carlo; il grande complesso della Basilica di Superga; la facciata  e lo scalone di palazzo Madama; la palazzina reale di caccia di Stupinigi; il palazzo del Senato Sabaudo.

Nel 1735 parte per Madrid dove progetta il nuovo Palazzo Reale e cura la sistemazione delle residenze reali. E qui morirà, precocemente, il 31 gennaio 1736.

Francesco Maurolico

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Francesco Maurolico

Letteralmente venerato dal popolo siciliano, ai suoi tempi, conosciuto soprattutto per le sue complicate macchine ed i sofisticati congegni idraulici, realizzati in modellini perfettamente funzionanti, nasce a Messina il 16 settembre del 1494 da genitori di origine greca. La sua adolescenza la trascorre chino sui libri, studiando filosofia, lettere greche e latine, ma l'interesse preminente è riservato alle materie scientifiche, la matematica e l'astronomia.

Nel 1528, ad appena 34 anni, gli viene conferito l'insegnamento pubblico delle discipline preferite  ed inizia un'intensa attività di scrittore, un centinaio di sue pubblicazioni di vario argomento la gran parte date alle stampe dopo la sua morte, fra le quali la  “Cosmographia"(1543); “De divisione ortium"(1554); "Sicanicarum rerum compendium"(1562); "Martirologio"(1568); Musicae traditiones"(1575); "Opuscola Mathematica"(1575); Arithmeticarum libri duo" (1575); "Problemata mechanica"(1613); " Conicorum Apollonii Pergaei" (1654) sulle sezioni coniche.

Si occupa, egregiamente, di matematica, meccanica, idraulica, astronomia, astrologia, architettura, medicina, filosofia, storia, letteratura, poesia, scienze naturali, musica, e, abbracciata la carriera ecclesiastica, diviene abate di Santa Maria del Parto (convento benedettino nei dintorni di Castebuono). Nel 1569 viene nominato lettore di matematiche presso il Collegio dei Gesuiti messinese dove avrà modo  di definire i presupposti  fondamentali  alla conoscenza delle discipline scientifiche in un moderno, per quei tempi,  programma didattico. Muore di peste il 21 luglio 1575 nella sua abitazione del Villaggio Annunziata e le sue spoglie riposano, ancora oggi, in un sarcofago nella chiesa di San Giovanni di Malta nella sua città natale.

Franz Riccobono

 

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Dott.Franz Riccobono - Storico messinese (1943-2022).

Nato a Patti nel 1943, nel 1970 si laurea in Economia e Commercio. Dal 1971 al 1997 è funzionario presso l'Università di Messina. Tra il 1975 ed il 2015 ha pubblicato oltre cinquanta monografie riguardanti la storia del territorio. Ha realizzato quindici tra Musei e Mostre permanenti, socio dell’Istituto Italiano dei Castelli, faceva parte del Comitato Vara di Messina, consulente della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella. E'stato Governatore della Nobile Arciconfraternia dei Catalani.

Storico messinese e socio fondatore dell’associazione Amici del museo di Messina e protagonista delle principali scoperte archeologiche cittadine, il suo negozio era un punto di riiferimento per gli studiosi di storia locale.Profondo conoscitore della propria città, della quale era inguaribilmente innamorato, ha dedicato a Messina diverse pubblicazioni e centinaia di iniziative.Noto per i suoi studi ma anche per le sue prese di posizione spesso controcorrente, si è fatto amare dal grande pubblico anche per alcune fortunate trasmissioni televisive alla scoperta dei luoghi più significativi del messinese.

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Presidente dell’associazione Amici del Museo di Messina, consulente dell’Istituto italiano dei Castelli Sicilia, vicepresidente della Fondazione Patrimonio Unesco Sicilia, componente del Consiglio regionale dei Beni Culturali, la sua attività si è snodata nel corso di oltre 50 anni. Memorabile il suo impegno per salvare dal degrado e per restituire alla città un bene così prezioso come la Real cittadella, di cui lui conosceva la storia di ogni bastione, di ogni singola pietra. Profondo conoscitore della storia borbonica, ma anche straordinario interprete delle istanze culturali dei nostri territori, ha creato oltre 15 tra musei e mostre permanenti. È stato anche l'anima del comitato Vara. Lascia un'eredità preziosa, l'amore per Messina e per la sua storia, la difesa dell'ambiente e dell'identità civica, la passione civile.

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Ha individuato l'abitato di Zancle, la Messina preistorica, (XVIII-XII sec. a.C.) e potuto determinare la prima fase di fondazione greco-arcaica della città (VIII sec. a.C.) pubblicando i risultati delle sue scoperte nella monografia "La Storia Ritrovata, dieci anni di ricerca archeologica a Messina" (1975). Su invito dell'Istituto italiano di Paleontologia umana di Roma e delle Sovrintendenze archeologiche competenti per territorio, ha partecipato agli scavi presso la Grotta della Madonna di Praia a Mare (Calabria), Ugento e Venosa (Puglia), della Necropoli dell'Osa (Lazio) e della Grotta di San Teodoro ad Acquedolci (Messina).

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Ha curato l'istituzione a Palazzo Corvaia di Taormina del Museo siciliano di arte e tradizioni popolari (collezione Panarello), ha contribuito alla creazione a Catania del Museo dello sbarco in Sicilia 1943, e a Scaletta Zanclea del Museo Rufo Ruffo nel Castello medievale. Ha promosso, assieme ad Antonello Pettinano, la istituzione del Museo siciliano di tradizioni religiose a San Salvatore di Fitalia, del Museo delle antiche ceramiche a Patti e del Museo siciliano di arte figurativa normanno-bizantina a San Marco D'Alunzio.

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Relatore in congressi scientifici nazionali e internazionali, ha collaborato con vari giornali e curato la rubrica televisiva “Fatti e rifatti” accompagnando gli spettatori alla scoperta di miti e leggende. Dal 1978 ha diretto la Collana "Messina e la sua storia" della Editrice Edas.
Muore a Messina il 16 marzo 2022 stroncato dal Covid.

Gaetano La Corte Cailler

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Gaetano La Corte Cailler

Gaetano La Corte Cailler, uno dei più grandi studiosi di storia patria che ebbe Messina, nacque l'1 agosto 1874  dal cav. Nicolò La Corte e Pontrelli, maestro di musica, e dalla signora Maria Cailler e Pagliano. Abbandonata la scuola dopo la licenza ginnasiale, si dedicò interamente allo studio della storia, in particolare quella di Messina per la quale ebbe un interesse precocissimo, sin da quando era ragazzo. Dal padre Nicolò aveva ereditato la passione per la musica e, fin da giovane, Gaetano impara a suonare il pianoforte esibendosi in occasionali concerti e pubblicando, nel 1896, una romanza. Nello stesso periodo, inizia a collaborare con alcuni giornali locali, scrivendo di storia ed arte messinese e nel 1898 ottiene un impiego come copista presso la Cancelleria del Tribunale di Messina. L'anno dopo è nominato socio ordinario della Reale Accademia Peloritana e fa parte di un gruppo di appassionati studiosi di storia patria che, presieduto dal prof. Giacomo Tropea dell'Università di Messina, dà vita alla  "Società  Messinese di Storia Patria" di cui La Corte è socio fondatore e firmatario del primo Statuto sociale.

Il 17 marzo 1900 fa istanza  al Real Commissario per essere assunto come guardasala al Civico Museo Peloritano, allora ospitato nel soppresso monastero  di S.Gregorio e il 2 gennaio dell'anno dopo, viene immesso in servizio. Ne compila una guida e nel 1902 il Municipio pubblica la " Guida di Messina e dintorni" del quale La Corte Cailler è uno dei maggiori estensori. Nel 1904 muore il direttore del Museo, Picciotto, e la direzione passa a lui. E' un periodo di febbrile attività di ricerca presso gli archivi della città, d'importantissime scoperte di documenti riguardanti la storia  e la cultura artistica di Messina, di una vasta produzione di studi e scritti che gettano nuova luce ed aprono impensati spiragli sulla conoscenza  delle pluricentenarie vicende messinesi.

Il 26 luglio 1906 sposa Carmelina D'Amore che gli darà due figli, Nicolò il 10 maggio 1907 e Maria quattro giorni prima del terribile sisma del 1908. Dopo il terremoto, la famiglia si trasferisce a Palermo per poi ritornare a Messina dove il La Corte ricostituisce, con i pochi amici sopravvissuti, la " Società Messinese di Storia Patria", il 2 giugno 1910. E' nominato ispettore onorario comunale di Antichità e Belle Arti; componente della Commissione conservatrice dei monumenti, degli scavi ed oggetti  di antichità ed arte della Provincia di Messina; ispettore bibliografico onorario. In queste vesti interviene con autorità nelle diverse sedute in cui si decide il destino di molte opere d'arte cittadine, ma è solo e abbandonato in quest'impari battaglia per la salvaguardia del superstite patrimonio artistico messinese. Amareggiato, sconfortato, debilitato da una grave forma di diabete, muore improvvisamente il 26 gennaio 1933, a soli 59 anni.   

Gaetano Martino

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Gaetano Martino

Nacque a Santo Stefano Medio, un Villaggio del Comune di Messina, il 25 novembre 1900. Laureatosi a soli 23 anni in Medicina, Martino fu uno scienziato e un maestro nel campo della Fisiologia Umana, raggiungendo importanti risultati e conquiste nella ricerca sperimentale e clinica. Nel 1927, ad esempio, con pionieristici studi sperimentali, anticipò l’esistenza di un fattore iperglicemizzante prodotto dal pancreas. Da scienziato, studiò ed approfondì anche le funzioni della nutrizione e di quelle riproduttive, di quelle nervose e i meccanismi alla base della contrazione muscolare. Fu professore di Fisiologia Umana all’Università di Messina dal 1935 al 1957 e, Rettore dello stesso Ateneo, dal 1943 al 1954.

Gaetano Martino fu il protagonista del rilancio europeo nella metà degli anni ’50 quando, da Ministro degli Affari Esteri (dopo aver ricoperto la carica di Ministro della Pubblica Istruzione durante il Governo Scelba), promosse la Conferenza dei ministri degli Esteri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) tenutasi a Messina, nel Salone di rappresentanza del Palazzo Municipale, dall’1 al 3 giugno 1955. In apertura dei lavori di quelle storiche giornate, ebbe a dire: “Siamo tutti ansiosi di estendere sempre più la nostra integrazione…Mi auguro che in questa Conferenza aggiungeremo un’altra pietra alle fondamenta della costruzione europea”.

Nella veste di Ministro degli Affari Esteri, il 21 novembre 1956, Martino pronunciò un discorso all’Assemblea dell’ONU, un anno dopo che l’Italia era stata ammessa a far parte delle Nazioni Unite: fu la prima volta di un ministro italiano.

Lasciata la Farnesina nel 1957, nel 1960 e 1961 Martino è Capo della delegazione parlamentare italiana alla 15° e 16° Assemblea generale dell’ONU a New York, e, dal 1962 al 1964, Presidente del Parlamento Europeo.

Muore a Roma, il 21 luglio 1967.